domenica 24 maggio 2009

La lettera.

Breve riassunto del minidramma ministrico consumatosi tra ieri e oggi.

Qualcuno ruba dopo il concerto la giacca ministrica di Divi, unica e senza copie
(e infatti ridotta uno straccio rammendato in continuazione).
Poche ore dopo pubblichiamo il post che precede questo, un appello al ladro perché ci riportasse la giacca e ci dicesse perché lo avesse fatto.
Alla pubblicazione del blog si è levato su myspace e facebook un coro misto di fan ministrici - chi inneggiava alla caccia all'uomo, chi si amareggiava, chi ci spronava a continuare senza giacche, chi faceva appelli personali al responsabile, chi urlava al sacrilegio.
Chi non ha mai vissuto un concerto dei Ministri - vale per chi sta sopra e chi sta sotto al palco, tanto poi scendiamo sempre - probabilmente non capirà perché cazzo tanta gente sia stata in ansia per la sorte di una giacca che non si riesce ad avvicinare tanto puzza.

Eppure. Eppure abbiamo passato una notte di merda, a chiederci se tra la gente davvero passi quello che cerchiamo di dire, l'idea che sia possibile vivere e convivere e costruire in un altro modo.

Avevamo ancora le cispe sugli occhi quando stamattina il responsabile - come si definisce lui taccheggiatore - si è fatto vivo, scusandosi e dicendo che avrebbe subito restituito. Gli abbiamo chiesto - ma forse l'avrebbe lo stesso - di scriverci perché e percome - perché l'ha rubata e perché l'ha riportata.
Gli abbiamo chiesto di pubblicarlo (trascritto fedelmente da una copia manoscritta) e lui ha acconsentito, chiedendoci ovviamente di tacere la sua identità, a noi invece rivelata per filo e per segno.

Ecco.

Ok, un finale così non si vede neanche in un film di scout girato da Topolino però cazzo si sta parlando di un capitolo della storia ministrica che dice più su di noi e su di voi, più di qualsiasi fottuta recensione o sadio cosaltro.
Quindi godiamocelo oggi, e domani ri(s)componiamo le file e torniamo a incazzarci e ad agire con tutti quelli che sono fuori da noi - tutti quelli che non hanno ancora capito che le parole - e il sudore - possono cambiare tutto.



Premessa:
"incontrarci"...non merito questo privilegio, ho fatto una bravata e Voi, i Ministri, mi donate questa possibilità; ci sono molte persone, fans che ora hanno un posto in fila davanti a me. Date spazio, come fate ogni volta, alle persone belle!
Comunque vi ringrazio


Considerazioni:


a.Scrivo a nome mio, ma con vivo cuore spero che alcuni di questi pensieri siano condivisi dal mio amico.
b.Chiedo, anzi chiediamo umilmente perdono per la bravata...e meno male che i Ministri perdonano.
c.Pensavo avevate più giacche che alternavate concerto dopo concerto; invece no, vi ho sottratto la vera e unica giacca quella che ha un'anima ed una storia. Tardi compresi cosa avevo in mano.


Motivazioni:
1.Della Polizia non mi interessa molto, tra due mesi lascerò il Bel Paese per un lungo periodo e considerando le lungaggini burocratiche penso che forse me la sarei cavata, ma:
a. tardi ho compreso quanto sia importante per voi e ora rimedio (non mi sono permesso di indossarla non preoccupatevi, ho rammendato un bottone che stava per partire).
b. non voglio lasciare magagne al mio amico a cui voglio bene.
2. Non è stato un furto premeditato, come potrebbe far supporre il discorso precedente, ma uno schizzo del momento.


Sento che diventate qualcosa di importante per la musica, ma i cosiddetti Grandi non vi riconosceranno il merito (un po' come accaduto ai "fratelli" Ramones).
Come un buon taccheggiatore volevo avere, possedere qualcosa di voi, per raccontarlo a chi verrà: figli, amici, etc.
Un cimelio, un trofeo, ma:
a. ho preso qualcosa dotato di anima;
b. un vostro dono ce l'ho già, qualcuno dice vale un euro, per altri sudore, sangue e lavoro.
3. Mesi fa cercavo e stimoli e motivazioni per rimanere in Italia e tentare fortuna all'estero. I testi, il vostro pensiero mi ha aiutato in questa scelta. Infatti ho aguzzato lo sguardo sulle fioche luci lontane per conoscere e sapere del buio che mi circonda.
Proverò ad essere migrante per dare un futuro a chi verrà dopo di me.


Conclusioni: sono stato breve e schematico perché gia vi devo stare sul culo parecchio per il tempo che vi ho fatto perdere e l'incazzatura di non potersi fidare neanche di persone che hai fatto felici.
Vi dedico queste parole sapendo che non verranno prese come un gioco ed esco allo scoperto, togliendo la maschera di quel personaggio a caso creato grazie a Myspace.

Un abbraccio forte a voi Ministri



(seguono firma e contatti completi che ovviamente evitiamo di pubblicare)

(segue il p.s: così se volete venirmi a prendere a calci sapete dove trovarmi)

A chi ha rubato una giacca dei Ministri.

Questa sera è successa una cosa brutta. E il peggio è che è successa alla fine di una cosa bella.
I Ministri hanno suonato a Castellanza di Varese, al Circolo dei Ciliegi nell’ambito del Radioliuc Festival. Abbiamo dato tutto come sempre diamo, abbiamo lottato contro un caldo insensato e rischiato di pigliarci le cose in faccia perché il pogo scavalcava le spie. Va tutto bene, suonare in mezzo alla gente, fidandoci di tutti e ridando fiducia è quello che amiamo fare.
Alla fine del concerto un ragazzino ha rubato la giacca di Divi dal palco - ha rubato una giacca dei Ministri. Alla fine del concerto la fiducia dei Ministri s’è presa un tram in faccia.
Ora parlo a te. A te che ti sei portato via un cencio maleodorante con dentro un pezzo grosso così dell’anima di Divi e un pezzo considerevole delle nostre – e forse delle vostre. Io voglio sperare che dopo aver pogato davanti a noi per un’ora tu abbia voluto rubare il cappello dello stregone per provare a fare le magie e far lavorare le scope al posto tuo. Spero che sia stata l’energia che voi tutti generate davanti a noi, che sia stata quell’energia e non altro a tirarci questa pugnalata.
Perché le cose non valgono le niente, e senza le persone che dan loro vita sono ammassi di elettroni e neutroni. Perché quelle giacche senza noi dentro, sono degli stracci che ti infetteranno l’armadio e, casomai tu abbia voglia di farla rimanere lì, dovrai sopportare quella puzza ogni giorno e non ci sarà lavanderia a gettoni o a secco che possa farti dimenticare la cosa brutta che hai fatto.
Detto ciò, come l’apprendista stregone insegna, alla fine ti accorgi che hai fatto una cazzata, ti rendi conto che stai facendo male a delle persone che – presumibilmente, dato che eri lì davanti a pogare – ti hanno dato qualcosa e qualcosa possono continuare a darti.
Quindi, quando leggerai queste righe, potrai uscire di casa e camminare per le strade deserte di una domenica maleodorante e riportare il maltolto al locale, spedircelo, addirittura scriverci perché l’hai fatto e decidere di incontrarci per ridarcela (decisamente la prospettiva che ci auspichiamo, perché quello che cantiamo e facciamo è parlare, rispettare e capire. Perché sbagliare è spesso l’anticamera dell’agire e reagire).
Se farai ciò il più presto possibile, la Storia dei Ministri avrà magari un dialogo in più da far diventare canzone.
Se non lo farai, agiremo noi. Ovvero denunceremo il furto, porteremo le foto della serata (tutta come al solito documentata) purtroppo alle forze dell’ordine, indicando la tua faccia – riconosciuta già da diversi testimoni oculari.
E sarebbe davvero una merda, perché costringere ad andare alla Polizia è davvero molto ma molto peggio che rubarci qualsiasi cosa. E’ cercare di convincerci che perché le persone vivano assieme ci sia davvero bisogno della Polizia.E sarebbe ancora peggio se fossero altre persone, amici (già identificati) che erano con te, a dirci come ti chiami. Chiunque sappia chi ora ha l’armadio che puzza, se lo conosce bene gli dica “ridalla a chi ne ha bisogno” e non faccia subito la spia con noi.
Perché stasera i Ministri – per la prima volta dopo oltre 200 concerti – vanno a letto con un amaro in gola che li terrà svegli a guardare il soffitto.
Domani potrebbe essere la domenica pomeriggio più dolce che ci si possa aspettare – quella dove capisci che la gente funziona e che non ha bisogno della Polizia ma solo di parlare.
Ti prego, fai in modo che lo sia.

martedì 12 maggio 2009

Parigi val bene una bomba.

Puzzo di scarpe. Annusavo il corriere omaggio sicuro non venisse da me.
Cielo epico, atlantico. Cielo per rivoluzioni, per eroi popolari vestiti di cenci.
La negra dietro di me sa di fragola sintetica.
Le nostre automobili sono sempre più laviche, colate di metallo senza giunture.
Il motore dell'aereo invece è tutto un rammendo. Lo si rispetta come i giocattoli di latta, ma si fa fatica a immaginarlo reduce da chissà quali test, revisioni e gallerie del vento.
Telefoniamo da astronauti e voliamo da pakistani.
Arrivare nelle città dagli aeroporti. Pianure odiose già prima che parta l'applauso dei burini. Scendi. Grigio audi azzurro banca mouquette strappata alle pizzerie in franchising tubature chic a vista sedili scomodi come il futuro tempi inutili toblerone facce da figli di puttana puttane coi figli annoiati saponi scadenti spumosi schiumosi come l'acqua dei lavandini a fotocellula bombe che nessuno trova e forse ma solo forse qualcuno cerca.
Si prendono treni, navette, shuttle, metropolitane e corriere che puzzano di sedili.
Si tenta una diagnosi sullo stato del paese e della regione dalla condizione degli stessi, e da quanto i sedili sono in orario.
Si guarda fuori dal finestrino e ci si lascia tutto alle spalle, come si stesse scartando in fretta un regalo con decine di strati di carta, ansiosi di scoprire cosa nascondono.
Il fulcro è il guscio di un animale morto.
Il centro storico, quello che la città era.
Finché non si è arrivati all'epicentro di tutto quel cemento, alla luce del quale tutto il resto è prescindibile emanazione, non ci si sbilancia, si evitano sentenze.
Da venti minuti mi passano a fianco binari, cemento, vetri rotti, cavi, senegalese che corre, palo, casa, parcheggio, campetti, dappertutto posti dove nasconderei cadaveri.
Lo fanno apposta, vogliono che Notredame mi appaia più splendente di quanto già è. Eppure.
Negli interstizi lungo i tratti sotterranei della metro non c'è un centimetro libero dalle bombolette. Grotte affrescate che nessuno vedrà mai abitare. Però qualcuno ci arriva lì sotto.
Eccoli gli eroi che il nuvolare atlantico cercava. Si fermava davanti a ciò che per noi ha a fatica la dignità per scorreci accanto.
Lo facciano senza avere un'idea del perché o con una consapevolezza del prima, del dopo e del mentre, sono l'unico segno di vita da De Gaulle a Notredame.
Non che a Notredame ci sia vita, per carità.
Locali zeppi di gente che cerca buone ragioni per essere in ritardo, gli ultimi due bicchieri già bevuti col cappotto addosso - condendo di commiati conversazioni che per altro non andavano da nessuna parte.
Quando ripasserò sei ore dopo, saranno ancora lì. Impossibile tentare di capire se sono gli stessi.
E tutto sommato inutile.

mercoledì 6 maggio 2009

Appunti Piazza Leonardo Da Vinci + Via Farini 59

Gli alberi sono mostruosi, sono alieni che infestano lentamente - così lentamente che non ci accorgiamo di nulla.
Dietro, la mia scuola (ricordi in ordine di apparizione: cortile, maestre chiamate per nome, gol di testa in tuffo su cemento, pane e cioccolato nella merenda del doposcuola quando faceva buio).
Sole che rimani in maglietta e pensi che potresti vivere con ancor meno di quello che già.
Tradotto: non ho un lavoro, e quando sei al parco a quest'ora sei in mezzo ad altri che non ce l'hanno ancora o non più o mai. Tradotto: ora cammino fino alla frontiera con la Svizzera e continuo a camminare e aspetto che qualcuno mi dica qualcosa.
Il fatto è che io non sono italiano. E non sono nato dopo Galileo, e non sono cristiano e non ho debiti con gli affreschi e i palazzi vecchi.
Io non ho il dovere di sapere nulla. Io faccio promesse, prometto di essere in un posto o nell'altro ogni giorno.
Punto.
Questa sera si parlava di guerra fredda e di come si sgancia una bomba atomica (si pensava: cadrà giù come un vaso) e intanto le spore schivavano i lampioni travestite da effetto speciale.
Poi torni a casa, trovi per strada un asino di peluche a dondolo pronto ad essere rapito dall'Amsa, lo porti su, aggiorni il blog e ti chiedi perché, mentre pensi a scavalcare le dogane, ancora ti fermi a raccogliere.

martedì 5 maggio 2009

appunti sulla milanovenezia #1

I cartelli dell'autostrada sono prati. Lunghi fili tra i tralicci e morbidi.
Il mondo fuori va a centotrentaallora e può venirci addosso. Tutto va a centrotentallora, anche i bambini che mangiano il gelato e il gelato che fanno cadere.
Cambiare le gomme alle autogrigie fa male alle gomme.
I pullman dell'esercito sono verde militare. Ma qui non esistono boschi così verdi e non esistono boschi verdi così.
Riusciranno a mimetizzarsi solo tra altri veicoli militari.
E infatti lì vanno e da lì vengono. Portare un enorme semaforo sopra un cavalcavia e accenderlo. Cosa ti possono fare?
Tutti si fermeranno e scopriranno perché la gente fa i pic-nic di fianco alle autostrade. Metteremo il freno a mano e si andrà nelle case di chi vive di fianco alle autostrade per scoprire come si vive nelle case di fianco alle autostrade.
Ma perché tutti possano sentire, tutti dovrebbero fermarsi - e nessuno sentirebbe più niente.