mercoledì 9 settembre 2015

Cultura Generale in Quindici Scatti

C’è sempre un modo per far meglio una canzone, sempre che il parametro che ti interessa sia quello della massima diffusione. Le case discografiche ragionano giustamente così, dato che sono fatte di bilanci, scrivanie e numeri, ma per una band ogni disco vuol dire prima di tutto un pezzo di vita – ed è a quello che decidi di essere più fedele. Cultura Generale è nato in un seminterrato senza ricircolo d’aria di Milano ed è cresciuto nelle stanze sporche e sincere di uno studio di Berlino. 
Stanze che Gordon Raphael, il produttore che abbiamo scelto dal booklet di un disco degli Strokes, tappezzava di microfoni per poi registrare la singola performance di tutti e tre assieme – senza separazioni o trucchi per poi poterci mettere mano, tanto che molti dei brani sono andati al mastering praticamente intonsi. Lavorando così, ti ricordi che sei quello che sei sempre stato, una rock band in Italia, qualcosa che non si sa dove mettere, un contenuto comodo e rumoroso per gli Spazio Giovani dei comuni e dei partiti, un bastian contrario, quello che i tuoi non ascoltano e i locali non vogliono, un bambino agitato che rovina le feste di paese. 
E così abbiamo deciso di infilare i jack negli amplificatori e riempire di onde seghettate le stanze di un palazzo semiabbandonato da altri signori che venticinque anni fa fallirono insieme al loro progetto di una cultura unica e addomesticata. Per ricordarcelo noi e raccontarlo a chi vuole registrare un disco alla Funkhaus, abbiamo scelto quindici bellissime foto di Chiara Mirelli, l’angelo con la Canon che ci ha seguito fin lassù.

1. Una sinfonia di corridoi


















La Funkhaus è un complesso di edifici affacciato sulla Sprea progettato per ospitare la radio della DDR. Fu operativo dal 1956 e offriva agli oltre tremila dipendenti saune, parrucchieri, mense, gelaterie e persino un ospedale. Nel 1991 per ovvi motivi cessano le trasmissioni, la moltitudine operosa scappa e si cerca di capire come gestire una struttura di queste proporzioni. Oggi è parzialmente occupato da studi di registrazione e laboratori di piccoli artigiani, ma la gran parte è ancora deserta e in uno stato di abbandono assolutamente sublime – perlomeno per chi come me subisce il fascino dello stato di abbandono.


2. Una regia piccola così


















La regia dello Schaltraum, tra gli studi alloggiati al Funkhaus probabilmente il più punk, è una di quelle stanze che ancora ringrazia l’invenzione del grandangolo. Nella sua versione 3D (ovvero in realtà) è infatti una sorta di angusta sala da stiro, con divanetti su cui è difficile addormentarsi e impossibile moltiplicarsi – gli amici in visita è bene stiano sulla porta, sempre che non si siano persi prima di arrivarci.




3. La fabbrica di nuvole


















Lo scenario apocalittico che arreda la parete nord della regia è la Heizkraftwerk Klingenberg, un gigante poco distante dallo studio che distribuisce calore a mezza Berlino e nel frattempo produce nuvole. Dopo due settimane, al tramonto, la si guardava con la riverenza che si dedica alle montagne.




4. La voce dello Schaltraum


















La splendida sala di ripresa dello Schaltraum, una vera e propria voce aggiunta alle canzoni – un riverbero che è rimasto come il ricordo di cosa volesse dire essere lì dentro e non altrove.


5. La toilette è molto in fondo a sinistra


















Le distanze dal vago sapore totalitarista del Funkhaus fanno sì che raggiungere il bagno dallo Schaltraum sia o una gita o un momento di fitness: lo studio mette infatti a disposizione, per accorciare tempi e corridoi, dei monopattini, bizzarri veicoli su cui due ministri su tre sanno stare in equilibrio.


6. Ufficio Intercettazioni


















Un sontuoso tentativo con pareti mobili d’epoca di non far rientrare i piatti di Michi in tutte le tracce durante la presa diretta. Sullo sfondo, le pareti interamente “cablate” da cui, qualche decennio fa, la Stasi ascoltava e monitorava ogni singola parola trasmessa – una sorta di ufficio intercettazioni.


7. Relax ante litteram


















L’area relax dello Schaltraum è fiera paladina di un’epoca in cui la parola “relax” non aveva ancora incontrato fortuna. Il frigorifero come il banjo hanno di certo avuto giorni migliori, i cestini sembrano contraddire le virtù tedesche circa lo smaltimento dei rifiuti e in generale le superfici piane sono occupate da oggetti che nessuno ha veramente il coraggio di spostare. Ciò detto, regalava ogni giorno la bella sensazione di essersi svegliati in casa d’altri dopo una festa.


8. Art Attack


















Per rendere ogni canzone un momento unico e irripetibile, prima dell’esecuzione, un microfono d’ambiente veniva spostato senza calcoli o misurazioni nello stanzone di ripresa, in una sorta di art attack della microfonazione. Nella foto, una delle riprese d’ambiente più ardite – dal centrocampo del calciobalilla.



9. Cotolette da incubo


















Quando il cielo e la tabella di marcia lo permettevano, il pranzo veniva consumato all’inaffondabile Milchbar – unico punto di approvigionamento del Funkhaus tutto, ostile ai vegani, agli anglofili e in generale ai tempi moderni. Tra gli highlight, una cotoletta che meriterebbe una trasmissione su Dmax, l’arredamento “siamo nel 1972 e tutto va bene”, le finestre rivolte al fiume da cui uscire come Dawson quando non riusciva a concludere con Joey.


10. Gordon Primavera-Estate


















Un bellissimo ritratto di spalle di Gordon Raphael, una persona di onestà e coerenza non comune, capace in più di sorprenderci ogni giorno con nuovi outfit meravigliosi in bilico tra glam, punk, cowboy e hippie.


11. Gates of Heaven



















La pittoresca entrata dello Schaltraum coi monopattini per raggiungere il bagno, la carta da parati impregnata di vent'anni di punk berlinese e la pila di bottiglie vuote sullo sfondo equamente divisa tra birre e Club Mate - la bibita locale per chi ha pochi soldi e poca voglia di dormire.


12. Marilyn Plutone


















La parete che chiude l’orizzonte dietro la scrivania dello studio di Gordon, dove abbiamo mixato e aggiunto qualche coro e colore, è ciò che ci è rimasto nel fondo degli occhi durante i mille ascolti dei brani, quando tutta l’attenzione è riservata alle orecchie e le pupille inghiottono immagini senza saperlo. Può darsi che d’ora in poi Marylin Monroe, i Joy Division (in basso dietro il monitor) e il Sistema Solare ci appaiano come concetti indissolubilmente legati tra loro.



13. Cimiteri di lavatrici


















Non abbiamo vissuto abbastanza da assistere al trapasso di una lavatrice, ma siamo più tranquilli ora che sappiamo che dopo di esso riposano in eterno insieme ad altre lavatrici – non in pile generiche e promiscue di elettrodomestici. Questo almeno ci ha insegnato il panorama dello studio di Gordon, un fulgido esempio di paesaggio berlinese oltre la S-Bahn.




14. Un Disco per l’Estate


















La parete sud dello studio di Gordon da cui pescare un vinile per le pause in cui far riposar le orecchie. Riposo in realtà tradito da volumate fuori controllo e da partiture non sempre riposanti: tra gli ascolti oltre i 150 db che ricordo, un concerto della P.F.M. a Toronto,  Zappa, diversi album minori di Iggy Pop e i ventiquattro funambolici minuti di Close To The Edge degli Yes.




15. Il synth preferito da Lino Banfi


















Gordon alle prese con un meraviglioso esemplare di ARP2600, un sintetizzatore di culto che costa come un anno di affitto. L’abbiamo usato per fare rumori qua e là, e Michi ha detto che faceva lo stesso suono del megacalcolatore con cui Lino Banfi è alle prese nell’ultimo episodio di Vieni Avanti Cretino. Siamo andati a controllare e aveva ragione.





martedì 7 luglio 2015

Quattro Estati Povere

Quando l'estate arriva come il corpo non poteva ricordare, quando diventa un fastidio costante, una zanzara furbissima nel buio che vuole vendicarsi di un antico torto, le gite povere diventano necessarie per mantenere il controllo sulle proprie vite. 
Per gita povera si intende in fondo una destinazione vicina che ridia, anche solo per un attimo e a gratis o quasi, le sensazioni delle destinazioni lontane. 
E partendo da Milano può non essere così semplice.
Quando poi le intere ferie a disposizione devono rispettare questo meccanismo, si ha un'estate povera a tutto tondo. 
Dato che negli ultimi quindici anni sono state frequenti, per noi come per molti, è bene aggiornare e condividere i semiparadisi nascosti - almeno quelli che non rischiano comunque di diventare meta di turismo di massa.
Leviamo quindi dal novero località affacciate sul mare, perché i litorali raggiungibili da Milano sono durante l'estate sconsigliabili ai budget bassi e spesso affollati come un supermercato alla vigilia di natale.
Di seguito ecco una piccola rosa di bunker di fine luglio. 
Se avete (e tanto ne avete) dritte simili, per noi o per chi leggerà, aggiungetele in coda e le prossime estati dureranno ogni anno un po' meno per tutti.

Viva la diga

Estate è aver voglia di avere il corpo immerso in un liquido non viscoso. 
Per soddisfarla ho due opzioni a portata di mano MA 
1. nella mia vasca da bagno mi è preclusa per dimensioni la possibilità di immergermi (emergo dalla coscia in giù e dai polmoni in su: praticamente come tuffarsi in una pozzanghera) 
2. la piscina comunale di fianco a casa mia è viscosa. 
La salvezza limitrofe va quindi cercata o in case con la Jacuzzi, generalmente chiuse a chiave, o fuori dalla cerchia delle tangenziali. Caso ma soprattutto Dio vuole che a neanche venti minuti da Milano, un qualche benefattore, probabilmente oberato dal caldo come me, abbia costruito temporibus illis una diga sull'Adda e che questa diga abbia creato una serie di isolette e anse che rendano la balneazione non solo possibile ma anche goduriosa.
Dal parcheggio di un ristorante che nessuno dei balneanti si può permettere, si guada l'Adda fino a raggiungere le isolette e lì ci si accampa, si esulta, ci si rotola e si sguazza ai piedi della diga.
L'acqua è limpida, freschissima e si prodiga persino in idromassaggi naturali alla faccia di quelli con le jacuzzi.

Una incredibile sequela di pro con alcuni superabili contro: 
- il guado va effettuato con prudenza e non dopo grandi pioggie, pena la citazione nelle colonnine regionali di cronaca nera.
- qua e là si fa vivo qualche tafano, sorta di mosca obesa che succhia il sangue ai cavalli ma pure a noialtri.
L'entusiasmo che avrete alla fine della prima giornata di diga vi farà probabilmente lanciare proclami del tipo "oh, l'estate prossima la facciamo qui, altro che isole greche" per i quali verrete scherzati negli undici mesi successivi.

COME ARRIVARE: Prendete la Paullese verso Crema e seguite per Merlino, quindi per Manzano di Merlino fino a imboccare a lato di una rotonda la stradina per il ristorante Lido che affaccia proprio sulla diga.



Resistere nei canyon


Alle spalle del litorale ligure, un dedalo di valli difficili e fredde per otto mesi all'anno spingono le masse a stringersi sulle spiagge come macchine sui traghetti, a incastrare asciugamani e settimane enigmistiche a una ragionevole distanza dal mare. 
Nulla di male, ma se state partendo anche o soprattutto per evitare gli ALTRI, forse è proprio a quelle valli che dovete chiedere asilo. La Valle del Borbera, torrente aspirante fiume, è tra le altre una delle più dolci e ospitali, trascurata dalle folle e dal revival del tipico (qui c'è ancora il tipico primigenio, che alcuni scambiano per brutto) e soprattutto capace di regalare ammolli e panorami spettacolari. 
Il merito va, oltre che alla sobrietà dei borberiani, alle Strette di Pertuso - una gola fluviale che si insinua tra muraglioni di anche 100 metri. 
Basta superare Borghetto di Borbera (neanche un'ora da Milano), parcheggiare lungo la strada e scendere fino al fiume per ritrovare il sorriso. 

La storia narra che questi luoghi furono anche teatro di battaglie della Resistenza e forse avvertirete un certo senso di colpa mentre sguazzate, pensando a loro imbacuccati e decisamente non nel mood di un bagnetto rinfrescante. 
Ma pensate che stavano lottando anche per i vostri bagnetti, più o meno, e quando uscirete dall'acqua, dedicate loro un pensiero prima di addormentarvi sulla ghiaia.  

COME ARRIVARE: si esce a Vignole Borbera sulla Milano Genova, si prosegue fino a Borghetto di Borbera, si comprano lì le cose per il pic-nic e poi si prosegue pochi chilometri fino alle Strette. 






Dalla fornace alle Fornaci

"Saranno dieci metri almeno" fu la prima misurazione, sicuramente generosa, di uno dei tanti tuffi possibili alle Fornaci di Caldé. Per evitare un fastidioso impatto con gli scogli, calcolammo la rincorsa necessaria a descrivere una parabola adeguata al proseguimento delle nostre funzioni vitali. Poi, per confondere i calcoli o forse darci coraggio, fumammo cose non in commercio in questo Paese oggi. Ricordo durante la rincorsa un dialogo velocissimo e pietoso con le mie gambe, responsabilizzate all'ultimo di tutto o quasi, poi un lungo salto nel vuoto - abbastanza lungo da poter scandire qualcosa di molto volgare e liberatorio - e l'impatto con l'acqua violento e rassicurante. 



Neanche dieci minuti più tardi, ragazzi del paese di neanche dodici anni facevano acrobazie, carpiati tripli e addirittura tuffi sincronizzati di gruppo, umiliando le nostre fifonerie di città spacciate per grandi imprese. 
Il tutto si consumava alle Fornaci Di Caldé, un complesso industriale abbandonato di inizio novecento a picco sul Lago Maggiore- e miracolosamente ancora accessibile (almeno fino all'anno scorso). Per un lungo tratto di splendida costa si alternano appunto fornaci, spiaggette che vi accompagnano in una delle acque lacustri più belle di sempre, comodi spiazzi per rave o simili e appunto strutture da cui tuffarsi e dimostrare di essere ancora vivi nonostante Siri. 

COME ARRIVARE: in treno si scende a Caldé e si prosegue a piedi verso il porticciolo. Di fronte al lago si procede verso destra superando un ponte e ci si trova un angolo adatto alle proprie mire.




Le ragioni dello stambecco

La montagna è per molti come i broccoli - sai che fanno bene, ma mal sopporti chi te li sponsorizza col fare del grande saggio. E' forse colpa del suo fan-club quindi se d'estate, specie nei suoi angoli meno in vista, viene snobbata dai grandi flussi migratori interni nonostante offra frescura e visioni paradisiache. 
Un fulgido esempio è il Rifugio Benigni, un'ora e mezzo scarsa di macchina da Milano + due di cammino per ritrovarsi su un attico mozzafiato e dimenticarsi quasi tutto delle proprie misere esistenze urbane. La salita è impegnativa ma ricordo vecchietti trotterellare fino alla cima, quindi è probabile che sia l'ansia da marlboro e non la pendenza il grande nemico. 

Superate malghe, cacche a pallini e canyon, si approda a un piccolo diorama di bellezza, come il plastico di un trenino senza trenino: un laghetto limpido e freddo come un sogno, un rifugio da sette nani ripieno di cibo e materassi, una vista spettacolare che spesso guarda le nuvole dall'alto in basso. 
L'ultima volta che ci sono andato c'era anche uno stambecco sul crinale oltre il rifugio, ma potrebbe essersi mosso. 
Se vi fermate per la notte, prezzi onesti, grandi mangiate, stellate da urlo e grappini per gli urli, piedi in faccia del letto vicino e promesse tradite del tipo "io di solito non russo".




COME ARRIVARE: Nella salita da Cusio ai Pian Dell'Avaro si prende il sentiero 108 in località Baita Sciocc. Per arrivare a Cusio dovete prendere la Val Averara, laterale della Val Brembana che si raggiunge facilmente da Dalmine e Bergamo.

mercoledì 9 aprile 2014

DIECI COSE DA FARE GIA' CHE SEI A LONDRA

1. Salutare il quarto fratello Marx



Il turismo tombale è avaro di sorprese (e meno male) ma gravido di riflessioni: passeggiare con le mani dietro la schiena tra grossi sassi con le date sopra vi garantirà pensieri per la testa fino a notte inoltrata. Se siete praticanti della disciplina, il cimitero Highgate vi farà felici – vuoi per l’indubbio fascino del suo tombame, vuoi per la zona vip, che include il giaciglio del buon Carlo Marx, sepolto insieme alla sua barba hipster anzitempo.

2. Scoprire che il giardino sotto casa vostra NON è all'inglese



Il termine “park” da noi sta diventando un diminutivo trendy di parcheggio, ma all’estero indica ancora i parchi – quelli dove sdraiarsi, pisolare e maledire l’inventore dei clacson. Londra è particolarmente ferrata nell’argomento, e i suoi parchi sono di quelli che finiscono nella storia e nella memoria della musica. Il generoso e bellissimo Hyde Park la fa da padrone, ma nelle retrovie sgomitano decine di altre perle come Hampstead Heath – sempre che il cielo albionico sia d’accordo coi vostri programmi.

3. Pisolare dove pisolava John Lennon



Lo studio di registrazione è in genere un posto con poca luce e una percentuale sempre troppo alta di maschi, disequamente divisi tra quelli davanti al computer e quelli spiaggiati sul divano subito dietro. Abbey Road probabilmente non è da meno, ma è vero che sui suoi divani si sono spiaggiati gente come Beatles e Pink Floyd – che qui facevano dischi clamorosi senza computer. Se fate un salto sul sito scoprirete come visitare alcune delle sale storiche, con tanto di dimostrazioni e siparietti con materiale vintage. Potrebbe non valere il prezzo (alto) del biglietto ma è un rischio che è lecito correre.


4. Comprare giacche più belle delle nostre


Comprare delle giacche più belle delle nostre è un’impresa risibile, dato che fuori dai nostri confini le divise più o meno militari affollano i mercatini e i negozi di vestiti usati (viene da chiedersi dove siano finite quelle degli eserciti italici degli ultimi 150 anni, a pensarci bene). Più arduo trovarne tre uguali, più difficile ancora mettersele addosso e saltellare sotto a delle luci da solarium per anni. Ciò detto, la vita è vostra: cercate delle belle giubbe rosse tra Camden, Portobello e uno dei molti mercati che Londra offre durante il weekend, e poi diteci com’è.

5. Cercare lavoro in un negozio di dischi



C’era una volta un mondo in cui i negozi di dischi diventavano etichette discografiche di fama planetaria. Oggi è più facile che si tramutino in negozi della Nespresso dove comprare capsule carissime di mille colori e sostanzialmente un solo sapore. A Londra, dove la musica è un’industria e non un inconveniente della gioventù, sopravvivono eccezioni come Rough Trade, negozietto che diede i natali all’omonima etichetta (responsabile degli Smiths e in una seconda vita anche degli Strokes). Andate a fare un giro in una delle due sedi e se vi piace giocare d’azzardo lasciate un curriculum.



6. Scoprire se soffrite di vertigini



Dev’esserci momento della propria infanzia in cui ci si trova inconsapevolmente a un bivio: da una parte si va verso un’esistenza che include l’ottovolante, le ovovie, le giostre zarre di Gardaland e il bungee jumping, dall’altra nulla di tutto questo – solo le volgarmente dette vertigini. Difficile che non abbiate capito da che parte siete finiti, ma se volete una prova del nove salite sulla Heron Tower e godetevi con consumazione la vista da lassù. Se vomitate il sushi del 38esimo piano o i waffle del 40esimo (che per altro avrete sicuramente pagato a caro prezzo) avete preso la strada numero due e non potete più farci niente.


7. Fare un salto tra i nipotini dei Wailers



Si stima che a Londra ci siano circa 250mila giamaicani, una comunità che rende di fatto la capitale inglese la quarta città giamaicana del globo. Non stupisce perciò che sia stato proprio il Regno Unito il varco attraverso il quale il reggae e i suoi apostoli sono riusciti a farsi conoscere dal resto del pianeta, che in fondo di reggae ha sempre bisogno. Per fare la loro diretta conoscenza, fate un salto a Brixton, pasteggiate a jerk chicken e fate serata all’Hootananny. A fine serata i vostri capelli si coalizzeranno in dreadlocks senza neanche dirvelo.



8. Andare al mercato quando si dovrebbe andare a nanna



C’è un bel film di Fritz Lang che si chiama Quando La Città Dorme, e andando a memoria credo si riferisse alle attività criminose che hanno luogo mentre ci rigiriamo nel letto. Forse però parlava dei mercati, quelli grossi quelli per gente del settore, che ben prima dell’alba si spartiscono il cibo che da svegli andremo a comprare e ingerire. Farvi visita è esperienza da non sottovalutare, anche se in pratica state ancora dormendo, e Londra offre uno dei più belli e longevi d’Europa – lo Smithfield Market, che dalle tre del mattino smazza carne come se non ci fosse un domani, o almeno come se il domani fosse senza bovini. Se siete vegani, vegetariani o top model, state pure a letto a dormire che ci pensiamo noi.


9. Trovare il kebab che tutti li ghermisce



Spielberg ha avuto per le mani Indiana Jones per ben quattro film e gli ha fatto cercare solo coppe, vasi, centrotavola, statuette e altre amenità da svuotasoffitte. Fosse stato amico nostro gli avremmo detto "Indiana, vai là fuori e trovaci il miglior kebab del mondo". Certo, il film sarebbe probabilmente cominciato e finito in Turchia, ma nel mezzo sicuramente avrebbe fatto una ricognizione a Londra, dove i turchi spadroneggiano e grigliano tutto quello che gli capita a tiro. All'ormai stanco Harrison Ford, i nostri infiltrati consigliano Mangal 2 a Dalston o la zona di Harringay Green Lane per la scena centrale del film.



10. Capire se la colazione fa il popolo


Pensiamoci: in Italia ci svegliamo, prendiamo un caffé, una brioche svenuta al bar, poi usciamo e non troviamo lavoro e tutto va male e la crisi e torno dalla mamma e scappo all'estero. In Inghilterra si svegliano, mangiano due uova, fagioli, pancetta, salsicce, pomodori, toast, marmellata, e a quanto mi risulta stanno meglio di noi. Provate a paragonare altre coppie di prodotti-interni-lordi/apporto proteico nella colazione e tutto vi sarà chiaro. Dobbiamo mangiare di più e più ciccio da subito, altro che riforme e articolo 18. Londra è ovviamente una delle migliori palestre per cambiare abitudini e la nostra inviata vi consiglia di chiedere una full english breakfast al 338 di Bethnal Green Road.




LA LOCATION




Nei bar italiani non si suona, quindi è regola che la gavetta di ogni band della penisola cominci più che altro nei pub - che in fondo da noi sono bar di persone che vorrebbero essere nati da qualche altra parte e che finiscono semplicemente per dare nomi inglesi ai panini con la bresaola. In Inghilterra si suona un po' dappertutto, anche nelle università, e di certo nei pub - che sono affollati di personaggi d'ogni età e non solo dalla compagnia della terza liceo che quella sera non sapeva cos'altro fare. Quello dove finiremo noi può vantare una posizione invidiabile e una storia da invidiare e punto - dato che sul suo minuscolo palchetto sono passati Bob Dylan e gli Oasis, tra gli altri. 
Se volete passarci pure voi, che mica siete da meno, trovate il biglietto qui


mercoledì 12 marzo 2014

DIECI COSE DA FARE GIA' CHE SEI A PARIGI


Non importa cosa state andando a fare a Parigi, quelli a cui lo direte vi riserveranno in ogni caso un commento allusivo o un risolino - come se per forza doveste passare dal Moulin Rouge a sollevar sottane o bearvi in bici con la baguette sottobraccio. Vero è comunque che in una giornata di sole o di vento lungo la Senna, qualsiasi impiego, affitto, sbattimento deve sembrare assolutamente accettabile. 
Se il meteo vi è amico e sapete quattro parole di francese, vi basteranno un paio di giorni per godervi una demo di vita parigina come si deve. 
Probabilmente non riuscirete a fare più di un paio delle cose che seguono ma godrete anche solo nello spostarvi da un punto all'altro, attività a Parigi molto appagante e, nella sua variante più antica, gratis. 


1. Sudare senza timori



Le persone che sudano molto quando si muovono possono avere seri problemi nello scegliere uno sport da praticare. In generale qualsiasi azione, compiuta da fradici, diventa problematica. Ecco perché si comincia e si continua a nuotare: nell’acqua siamo tutti uguali e bagnati. Le piscine diventano quindi teatro per prove generali di parità – e visitare quelle di altri paesi farà di voi una sorta di diplomatico seminudo in missione. 
Su Parigi, i nostri informatori ci segnalano la magnificente piscina di La Butte Aux Cailles, che può vantare una vasca alimentata dal 1893 da un pozzo artesiano che spilla acqua a 28 gradi e trionfi di art nouveau ad ogni pie’ sospinto. Valida e ugualmente insolita alternativa è invece la Piscine Des Amiraux, che dagli anni 20 riposa nel cortile interno di ignari condomini e ha fatto mostra di sé anche nel Fantastico e a tratti Insopportabile Mondo di Amèlie.

2. Capire le cose dall’alto



Le belle città sono quelle che viste dall’alto lasciano intuire una qualche armonia, un’intelligenza e un’umanità nell’affollare il suolo di palazzi. Quelle brutte sono quelle che quando sei su per vedere pensi a cosa succede se sputi giù. Parigi fa parte della prima categoria e molti vanno a godersela dalla Basilica di Sacré Coeur a Montmartre, dove confermare ogni possibile luogo comune sui turisti. Noi però vi consigliamo il parchetto di Belleville (Rue des Envierges angolo Rue Piat), invero punto più alto della città dove confermare ogni possibile luogo comune su spacciatori coi rasta, compratori coi piercing e agenti in borghese con la barba.

3. Farsi i film



Se devo comprare un film vado su Amazon, se devo comprare i pantaloni vado da H&M, se devo ascoltare un pezzo vado su Spotify, se voglio vedere un bambino ciccione che fa cadere il gelato vado su Youtube: la tanto chiacchierata libertà di scelta la stiamo uccidendo noi e non i dittatori, i cattivi di James Bond o lo Stato Imperialista delle Multinazionali. E allora, se amate il cinema, fate un gesto eroico e andate da Potemkine, piccola mecca della cinefilia francese, e lasciatevi tentare da pellicole ignote come foste consigliati da un amico di cui vi fidate. Vi eviterete anche gli improbabili suggerimenti di Amazon, del tipo "chi ha comprato Woody Allen ha cercato anche Leonardo Pieraccioni".




4. Trovare il matto col pianoforte



Ci si lamenta della radio che passa sempre le solite cose, ma a essere onesti anche per strada (che gode di un’inscalfibile nomea di purezza) la varietà scarseggia: difficile staccarsi di molto dal cantautore con Sound Of Silence e Blowin In The Wind in loop o dalla fisarmonica turca che tenta Vivaldi con risultati variabili. Non è così a Parigi, dove si aggira Steve Villa Massone, un visionario che si porta in giro un pianoforte intero e immobilizza i passanti suonando Rachmaninov come se le avesse scritte lui. Gli informatori dicono di cercarlo tra Galeries Lafayette (Boulevard Haussmann) e Place de l'Opera o nei dintorni di Bassin de la Villette.



5. Regolare i conti con Topolino



Sono cresciuto immaginandomi Topolino alto circa un metro e mezzo e Pippo sul metro e ottanta. Poi a otto anni ti capita tra le mani un depliant di Eurodisney e vedi foto di bambini che incontrano Topolino e, a spanne, ti sembra alto due metri, con delle sproporzioni tipiche del gigantismo e invece di fare il detective fa qualcosa tra il cameriere e l’ascensorista. Decidi che non ti interessa ma poi sfogli la parte con gli hotel e ti sembra davvero magico, almeno più di una pensione sull’adriatico. Chiedi a turno ai genitori divorziati di andarci e loro dicono “se farai il bravo”. A 31 anni ti sembra di aver fatto il bravo e non ci sei ancora andato.

P.s.: da Parigi c'è un treno che fa spola con il parco. Ovviamente costa una fucilata, anche se siete alti un metro e avete nove anni. Se però volete togliervi il sassolino dalla scarpa, fate un salto su www.disneylandparis.fr


6. Snobbare Jim Morrison



Andare per cimiteri per visitare nonno e derivati è una cosa, tutt’altra è andarci per subire il fascino discreto di lapidi, epitaffi e fiori morti. E’ un turismo ben più antico di Tim Burton e colpisce sia le darkettone ombrose sia i metallari beoni. Bene, tra tutti i giardini farciti di cadaveri che potete trovare nel mondo, quello di Père Lachaise è indiscutibilmente uno dei più suggestivi – e non c’è bisogno che cerchiate morti famosi con cui fare la foto d’ordinanza (Jim Morrison e Chopin tra gli altri) per ricordarvi che ci siete passati.


7. Rimorchiare con una volpe



In Italia ci accorgeremo dell’importanza di rivenderci e ricomprarci cose usate fino a quando si rompono solo nel momento in cui non avremo più un soldo per farci belli e saremo troppo poveri anche per i mobili ikea difettati. Al nord invece i mercatini delle pulci e gli svuotasoffitte sono un punto di riferimento fisso per arredare o farsi un regalo – e hanno addirittura dei cartelli stradali a loro dedicati. Il più noto è quello di Porte de Clignancourt, un gigantesco bazar che spazia dall’antiquariato serissimo alla maglietta zarrissima. Per trovare vere chicche e prezzi più ragionevoli, molti mercatinari preferiscono però quello di Porte de Vanves – meno pittoresco ma anche meno inflazionato. Io per 50 euro ci ho comprato una bellissima volpe imbalsamata e, portandola a casa, almeno dieci tra vecchi, cassiere e francesine hanno attaccato bottone. Il che ci dice che per rimorchiare non serve avere un cane carino, o comunque non serve averlo vivo.

8. Scegliere la chitarra più cara di tutte



Ci sono individui che nascono con i superpoteri, come ampiamente documentato da film e fumetti, e altri che si devono accontentare di particolari predisposizioni – come quella di scegliere sempre e comunque la cosa più cara, anche bendati o dopo aver fatto tre giri su se stessi. I musicisti che come me hanno questo discutibile dono di natura potranno divertirsi oltremodo a passeggiare per Rue Victor Massé (subito sotto la fermata di Pigalle), una stradina che mette in fila decine di negozi di strumenti in cui entrare, chiedere quanto viene quella telecaster là in alto, accertarsi di aver sentito bene, dire che ci penserai su e uscire a testa bassa. Potete ripetere la scena quante volte volete, magari dopo aver provato la chitarra ambita, e ciondolare su e giù per la via senza concludere niente. Desiderare beni inaccessibili rimane una delle attività più convincenti della vita di un giovane occidentale.


9. Fare un pic-nic



Nell’inarrestabile processo di mitizzazione di quello che succede negli altri Paesi (processo a volte animato dal desiderio di far qualcosa di meglio qui, a volte solo dall’antica voglia di lamentarsi), una parte non indifferente la occupano le attività della domenica. La domenica da noi è un animale tristissimo, un vecchio leone di uno zoo in disarmo che si trascina al cinema, davanti alla tivù o alla mostra degli impressionisti (ce n’è sempre una). A Parigi, se il sole splende, capita invece che la gente si riunisca ovunque senza dirselo, per fare pic-nic, ballare o fare pisolini. Succede davvero e se volete andar sul sicuro fate un salto sul Canal St.Martin, che si trasforma spesso in un idillio di socialità e naturalezza.

10. Discutere dell’EXPO



Quando ci hanno detto che l’Expo avrebbe avuto luogo a Milano, mezza città andò a documentarsi su cosa diavolo fosse l’Expo. Scoprimmo che era una fiera d’altri tempi, e che quando la fecero a Parigi nel 1889 costruirono per l’occasione la Torre Eiffel. Allora io e Michelino abbiamo deciso di andare a vederla e ci è sembrata davvero maestosa, pesantissima e assurda. Poi siamo tornati a Milano, dove tutti stavano ancora litigando sull’Expo e abbiamo capito che nessuno avrebbe costruito una così bella e inutile.

Il Concerto



Ci hanno detto tutti che è tanto bello. Anche Divi che una volta ci fece serata. E' a due passi dal cimitero di cui sopra - e la ricetta sepolcri+concerto potrebbe rivelarsi vincente. Una sorta di trasfusione di umori. Una dialisi insomma.
Ciò detto, qui trovate le prevendite e qui le info sul locale.

Varie ed eventualmente

Invece di darvi pessimi consigli su dove dormire (airbnb a parte, che salva sempre capra eccavoli), a fondo blog oggi inseriamo a pioggia e in forma ridotta i suggerimenti che ci sono giunti dai nostri informatori, voi compresi forse. In particolare salutiamo e ringraziamo due talpe di vecchia data, da tempo alloggiate a Parigi, che hanno contribuito anche alla redazione delle dieci discutibili cose di cui sopra. 

1. Andare al Parc Des Buttes Chaumont che c'ha pure le cascate.
2. Seguire un corso al Collège de France. Professori che manco Gandalf sharano la conoscenza con chiunque abbia un pomeriggio libero.
3. Fare i tecnonerd a Rue MontGallet, strada dedicata all'hackerismo spinto dove pimparsi il pc. La Casablanca delle schede madri.
4. Andare a dire continuatecosì allo squat legalizzato 59 Rivoli.
5. Eccitarsi con gli scheletri a Jardin Des Plantes.
6. Cercare di rubare la Gioconda per una scommessa fatta al quinto pastis.
7. Rimettere a posto la propria coscienza museistica e farsi una tale dose di Louvre, Orangerie e compagnia da sentirsi in pace con la Storia per due anni almeno.
8. Sostenere il fumettismo indipendente à la Pied de Bich.
9. Mangiare ostriche sul pane nero appoggiati alle macchine parcheggiate al Marché d'Aligre e digerirle col the alla menta e pinoli dell'arabo a fianco.
10. Mangiare come neanche al mercato di pesce di Tokyo nei sushibar di Saint-Anne.