Come sei giusto seduto lì.
Seduto nel locale giusto, a sentire un concerto - come sembra giusta oggi la musica ascoltata dal vivo - accanto a una ragazza giusta, una con cui sei giusto.
E parli di quando questo weekend andrai giù in abruzzo ad aiutare, comecosacome non lo dici. Dici che è giusto e io non dico niente.
Forse perché è giusto e non c'è niente da aggiungere. Ma mica è un vestito che puoi metterti per le grandi occasioni, per la terra che trema e l'italia che affoga.
E giù con la controretorica dell'essere giusti sempre.
Si fa prima a non essere giusti mai.
Forse è il caso di essere belli. Perché le cose belle sono più di quelle giuste. Forse è il caso di trovare cose belle, di trasformare la merda in oro, di trasformare l'oro in acqua potabile.
Forse il giusto è un modo come un altro di cercare di esser più belli.
94. L'ultimo autobus di Milano con predominanza di italiani - gioiello della azienda trasporti milanese. Fa un giro stretto e indisturbato per le vie di Milano che meritano gli italiani.
Le altre sono terra di pirati, sono di chi se le prende. O almeno così le tratta: la 94 passa lungo le boe, fin dove i clienti del villaggio vacanze possono spingersi col pedalò.
Ci salgo per allungarmi i viaggi che potrei fare col metrò, che mi nasconde tutto come se tra una fermata e l'altra il mondo stesse svelando i suoi trucchi.
Ci salgo anche oggi, dopo aver fatto la coda in edicola dietro a un vecchietto che cercava un giornale di laggiù - in modo da avere le notizie più fresche, più vicine a quelli che stavano tremando.
Da dove abito io, alla 94 ci arrivi con la 70 - che invece recita Bruzzano e ogni tanto cimitero, quattro fermate in città e poi su verso nord col suo carico di assonnati e grossi sacchetti.
La formazione stamane: due trans, tre vecchi, tot cinesi, due trentacinquenni con le mani sudate e complesso d'Edipo.
Io lo so già: alla prossima saliranno. I controllori in piazzale Baiamonti sono affidabili come i cieli grigi a Milano dopo le nottate di bagordi.
E infatti: tanti e come al solito sproporzionati in tutto.
Non si può fare bene un lavoro del genere senza agire male.
Così oggi: nera alta magra bella ma con quel cranio che farebbe felice i frenologi vede tardi e si lancia per cercare una timbrata fuori tempo massimo.
parentesi_Per una mai chiarita clausola da romanzo futuribile, l'ATM valuta l'intenzione. Mettiamo che effettivamente la nostra amazzone (come in effetti è stato) riesca a timbrare prima che il braccio inamidato del controllore le si stringa addosso come un boa. Non basta. Il controllore ha la facoltà di stabilire quando un biglietto timbrato è tale solo in conseguenza dell'apparizione di uno o più controllori. In altre parole, quello che ho fatto per dieci anni di scuola: biglietto in mano, gomito sulla timbratrice, occhio vispo e attento anche nei giorni che proprio no per anticipare con un solo movimento la salita dei perfidi. Un giorno che ero meno vispo timbro che il loro tentacolo mi è già addosso. E sorrido come chi crede che la legge sia cosa scritta. Ti ho visto timbrare mi dice, sentendosi un ibrido di uomo e telecamera. Bravo dico io, ma hai perso.
C'è la possibilità che la legge che stamattina ha incastrato la nera sia nata proprio allora, davanti alla mia faccia da culo. Devi timbrare quando sali, dice, e se ti vedo timbrare allora non vale.
E dunque: lei dice ho timbrato e in effetti ha. Penso pensi Ne avrò fatte mille e non ho lo straccio di un permesso di soggiorno, non posso mandare tutto in vacca per un biglietto – perdipiù – timbrato.
Io ce l’ho – e vedo che le cose non si mettono bene. Lei non scende, loro la accerchiano come se esistesse qualcosa di importante per cui accerchiare – come se esistesse qualcosa di importante e comune. Lei tace e urla e l’autista non riparte e la gente freme perché è tardi e nessuno ha una buona opinione dei controllori e dei neri neanche ma tutto sommato sono loro a dire al conducente non partire - quindi. E dato che a lui non si parla a loro si urla. Ma già là si parla di polizia e la controllora tra gli altri controllori alza la voce pure lei e se potesse dio se potesse tirerebbe giù un negradimerdadeviscendere. E io ho un biglietto timbrato giusto di intenzioni e di inchiostro e meno problemi di lei. E penso che ora mi alzo, vado là e dico eccolo il suo biglietto ce lavevo io che cazzo volete. Non faccio in tempo a scegliere di non farlo che lei scappa giù e ti voglio a riprenderla.
Una buona azione in meno.
Voler fare buone azioni è tutto sommato credere ci sia bisogno di te. Augurandosi che il male non cessi e che il bisogno continui.
6 commenti:
SBAM!
La rassegnazione a vedere il male dappertutto e il voler trarne vantaggio dicendo "Io no!" come il tipo che si veste alternativo e parla del Ché mentre beve una coca (peggio, una birra) e viaggia sul motorino nuovochepapàmiharegalato, perché in fondo è un prendersi in giro da soli. Se non ci credi.
credere ci sia bisogno di te è tutto sommato già una buona azione.
Eh, qui sono più le persone che non hanno ne' biglietto, nettantomeno abbonamento, e tu che ce l'hai sempre appresso, e per un cazzo di giorno te lo dimentichi a casa (vedi i "giorni che proprio no" di cui sopra), il controllore becca te. E lì sì che son bestemmie da annuali.
Ho le budella attorcigliate dopo aver letto questo racconto. Bellissimo.
quoto boccaccino!!!!
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