La vertiginosa ascesa dell’elicottero nella piccola
repubblica di Sicherheit fu l’effetto di un imprevedibile concatenarsi di
eventi che nessuno più sull’isola osa ricordare.
E chi anche ne porta dentro le
ferite, non riuscirebbe comunque a insinuare il dubbio che allora, dopo le
tragedie del febbraio del 98, fosse possibile percorrere altre strade.
Chi l’avesse anche solo pensato non avrebbe comunque il
coraggio di dirlo nemmeno al suo amico più caro: il divieto di discutere e dissertare
circa qualsiasi avvenimento del passato è ormai interiorizzato dalla cultura
locale, che ha placidamente smesso di guardarsi indietro, nella sicurezza che
il presente sia indiscutibilmente l’unico presente possibile. Quello che altrove può sembrare poco più che un
atteggiamento o una disposizione d’animo, ebbe e ha tuttora nella piccola
repubblica al largo delle coste francesi il carattere di una vera e propria
legge – poi sedimentatasi nella cifra teoretica della cultura locale.
L’Articolo
88 (“è fatto divieto nel pubblico come
nel privato di dissertare, discutere o semplicemente citare, per sostenere
argomenti o teorie, avvenimenti di qualsivoglia genere verificatisi all’interno
del territorio di Sicherheit nei mesi precedenti all’ultimo maggio, assumendo
il 12 dello stesso come primo giorno del nuovo corso. Sono tollerate eccezioni
nelle due successive settimane del mese di Maggio - dette di interregno - per
motivi organizzativi e amministrativi”) che fu promulgato per porre fine al
periodo noto come Grande Stallo. Il Grande Stallo fu la diretta conseguenza di
una stagione di eccezionale discussione politica in parlamento e non solo,
circa le responsabilità delle insurrezioni dei panificatori, avvenute verso la
fine del secolo scorso, e della loro successiva e violenta repressione.
Le
posizioni inconciliabili delle due ali del parlamento congelarono per oltre
quattromila giorni l’attività di governo e legislativa del paese. A dirla
tutta, dopo i primi sei anni di liti accese – nei palazzi di governo come nei
bar – si diffuse la pratica del Muso, che consisteva nel limitare al massimo
ogni conversazione per non correre il rischio di incappare nella madre di tutte
le diatribe.
Il Muso bloccò il paese per i successivi quattro anni finché, vuoi per reale bisogno vuoi per la noia insopportabile di quel silenzio prudente che faceva da sostrato a ogni momento della vita sociale e persino privata dei cittadini di Sicherheit, non venne l’idea di vietare severamente ogni discussione su eventi che non avessero avuto luogo nell’anno corrente. Quella che altrove sarebbe parsa una richiesta inaccettabile quanto pericolosa, fu invece accolta sull’isola con gioia dalla popolazione – che da un giorno all’altro ricominciò a parlare contenta del tempo e della partita del giorno prima. In pochi anni, l’editto – o forse l’innominabile ricordo del Grande Stallo – cambiarono volto all’isola e la dittatura del “qui e ora” inaugurò una nuova era di cambiamenti rapidissimi e incontrollabili. Leggi e ordinanze di qualsiasi sorta nascevano e morivano nel giro di pochi giorni, figli di sondaggi altrettanto celeri e di singoli accadimenti che dettavano l’agenda politica come una torre di controllo che cercasse di far atterrare un pilota improvvisato.
Il Muso bloccò il paese per i successivi quattro anni finché, vuoi per reale bisogno vuoi per la noia insopportabile di quel silenzio prudente che faceva da sostrato a ogni momento della vita sociale e persino privata dei cittadini di Sicherheit, non venne l’idea di vietare severamente ogni discussione su eventi che non avessero avuto luogo nell’anno corrente. Quella che altrove sarebbe parsa una richiesta inaccettabile quanto pericolosa, fu invece accolta sull’isola con gioia dalla popolazione – che da un giorno all’altro ricominciò a parlare contenta del tempo e della partita del giorno prima. In pochi anni, l’editto – o forse l’innominabile ricordo del Grande Stallo – cambiarono volto all’isola e la dittatura del “qui e ora” inaugurò una nuova era di cambiamenti rapidissimi e incontrollabili. Leggi e ordinanze di qualsiasi sorta nascevano e morivano nel giro di pochi giorni, figli di sondaggi altrettanto celeri e di singoli accadimenti che dettavano l’agenda politica come una torre di controllo che cercasse di far atterrare un pilota improvvisato.
Nel 1997 non cadde una singola goccia di pioggia su Sicherheit.
Altrove il fatto si sarebbe meritato l’epiteto di eccezionale siccità (dato
anche il regolare metabolismo del cielo sopra l’isola) nel senso insomma
proprio e letterale di un’eccezione, capace giusto di mandare in malora gli
agricoltori e di mettere in scacco i metereopatici. Su Sicherheit, il secco
testardo venne invece accolto come un dato assoluto – come se qualcuno avesse
spostato l’isola latitudinalmente. La reazione fu al solito urgente e
categorica: furono proibite le zuppe, le persone sposate dovevano far la doccia
insieme e gli impianti di desalinizzazione rovinarono la costa. Nessuno
sembrava ricordare le piogge torrenziali che l’anno prima avevano fatto
gonfiare come uno stomaco la falda acquifera che si spalmava sotto alla
capitale.
Quando finalmente il cielo si sbloccò, nel primo pomeriggio del 12
febbraio 1998, cominciarono i problemi. Che, va detto, ingigantirono con una
velocità non attribuibile interamente all’incoscienza di Sicherheit.
Il fato, inteso come quell’ordine di altrimenti incomprensibili
tranelli che fa crollare gli imperi e rompere i vasi in cucina, approfittò oltremodo
della leggerezza di Kobyan Malve -
programmatore col vizio del tenere in ordine e nei momenti particolarmente
tristi e in quelli stabilmente
felici. E forse solo Kobyan potrebbe testimoniare di quale umore fosse quando
decise di buttare giù dal cesso una buona dozzina di piccoli dinosauri di
materiale indefinito ma spugnoideo che promettono di gonfiarsi a dismisura una
volta a contatto con l’acqua. La delusione sperimentata da chiunque abbia
investito su di loro in tenera età, la penosa mutazione che li fa crescere di
un centimetro appena, era forse nota a Kobyan che li gettò nel cesso e tirò
l’acqua senza neanche dargli il tempo di gonfiarsi di quel poco. Se solo Kobyan
– o chiunque di noi - avesse
potuto scivolare insieme a loro nei condotti fognari, dando a quei dinosauri il
tempo che nessun bambino diede mai, avrebbe visto la spugna espandersi come
latte sulle piastrelle, fino a raggiungere dimensioni effettivamente
giurassiche. Il 12 febbraio 1998 le fogne di Sicherheit erano ostruite da
stegosauri e triceratopi pregni d’acqua e sempre più vicini al loro limite di
assorbimento.
A qualche decina di chilometri dalla casa di Kobyan, oltre
un nugolo di cantieri e viadotti, si distingue tra palazzi anneriti dalle
fabbriche di liquirizia, il palazzetto dello sport intitolato a Mari Fallum –
l’unico atleta dell’isola capace di guadagnarsi un’inquadratura a tutto schermo
in mondovisione durante le Olimpiadi del 1970 – capace di ospitare circa
ventimila persone e location ideale (forse l’unica su tutto il territorio di
Sichereheit) per gli appuntamenti musicali, politici e religiosi più
importanti. La sera del 13 febbraio 1998 i seggiolini rossi del palazzetto
sarebbero stati messi alla prova dal vasto ed eterogeneo pubblico di Sovyana –
la popstar che dominava le classifiche da alcuni mesi e che per pochi altri
sarebbe rimasta nella memoria di migliaia di persone. Alla fine degli anni 90
infatti, gli effetti dell’articolo 88 sull’industria discografica si facevano
sentire: il ciclo di ogni artista non poteva estendersi oltre i 12 mesi (che scadevano
il 16 di aprile in ricordo, ovviamente, di nulla) previsti dalla legge, e il
termine obbligava le etichette discografiche a cercare materiale e visi capaci
di emozionare, appassionare e quindi stancare l’audience nei tempi previsti.
Sovyana era a tal proposito forse l’esperimento più riuscito del decennio:
nessuno in dieci mesi era riuscito a mettere in fila tre sold-out al palazzetto
Fallum. Un dato ancora più impressionante se si pensa che la scintilla del suo
successo fu una clamorosa gaffe durante una delle sue prime apparizioni
televisive: incalzata da una giornalista in cerca di scoop, Sovyana – di madre
russa e nazionalizzata solo pochi anni prima – si limitava a ripetere il
copione imposto dai discografici, un prevedibile elenco di posizioni innocue e vitaliste.
Caso vuole però che la padronanza ancora limitata della lingua fece cadere in
drammatico errore Sovyana circa la sua visione del problema della caccia ai
caprioli che popolavano l’entroterra dell’isola. Uno scorretto uso dei pronomi
fece del suo proclama generalista in difesa dei suddetti erbivori una sorta di inno allo sterminio degli stessi. La giornalista incredula
insistette e trovò quello che non si aspettava, ovvero una conferma – che
Sovyana diede ragionando tra sé e sé e ricordando la sua infanzia a Liekigrad,
dove la caccia è cosa buona e giusta. La disperazione del suo agente e della
sua etichetta discografica durò poco: nemmeno due giorni dopo la popolazione
dell’isola, che segretamente non ne poteva più di dover rinunciare a tutta una
serie di tradizioni alimentari che comprendevano il capriolo, incoronò Sovyana
regina delle classifiche e della sincerità. Da cantante zuccherina, burrosa e
conciliante, l’immagine della giovane popstar virò verso soluzioni vagamente militaresche
e su un look severo e mascolino – mentre i successivi cinque singoli verterono principalmente
sulla giustezza di ogni prevaricazione nei confronti del mondo animale,
definito nelle sue canzoni “l’amico di cui non ti puoi fidare”. Alle sei del pomeriggio
del 13 febbraio 1998 la superstrada che collegava la capitale al Palazzetto era
una lunga e immobile colonna di lamiere e finestrini appannati, mentre il cielo
tornava a farsi umido dopo un anno di fiacca.
L’aeroporto della Capitale, di recente costruzione e di
fragili fondamenta, sorgeva a nemmeno cinque km dal terzo piano grigio canguro
di Kobyan Malve e a dieci dal palazzetto Fallum. Anche nelle giornate più
limpide però, la vicinanza non fruttava alcunché di suggestivo alle vedute dal
piccolo balcone dell’appartamento – ma solo un rombo capace di scuotere la
tazza di caffè americano di Kobyan, altrimenti escluso da fastidi aeroportuali
poiché costantemente incuffiato. A dirigere il timido traffico aereo che
interessava l’isola era preposto il Comandante Petrovic, vedovo e avido
consumatore di ravioli monoporzione. Dalla prematura scomparsa della moglie
Mihaila aveva perso ogni interesse nei confronti di qualsivoglia accadimento,
limitandosi a mettere in ordine il cielo sopra di lui. La sua dedizione alla
torre di controllo era dunque ciò che per difetto gli rimaneva, e gli scioperi
frequenti e partecipati gli scivolavano addosso come il bagnoschiuma primo
prezzo che tentava di profumarlo nei suoi meccanici riti lavatori. Caso –
inteso come il multiforme e cinico mostro che ci fa sbagliare i destinatari dei
messaggini più delicati – volle che proprio il 12 febbraio, mentre i dinosauri
si gonfiavano e il cielo tornava a scuotersi sopra Sichereit e l’autostrada si
bloccava come un adolescente impacciato di fronte al popolo temporaneo e
appassionato di Sovjana, caso volle che proprio quel giorno il personale della
torre di controllo entrasse in agitazione – ovvero smettesse di agitarsi e
incrociasse le braccia nella hall dell’aeroporto.
Alle sei e trenta del 12 febbraio la pioggia tornò come una
regina sull’isola di Sicherheit. Lo stupore di un paese che si credeva ormai
consegnato per l’eternità al cielo blu e alla terra secca fu secondo solo al
panico di chiunque stesse conducendo un veicolo a motore, a prima vista
dimentico delle più elementari regole di guida sul bagnato. Bastarono poche
decine di minuti per immobilizzare la capitale, ormai totalmente sprovvista di
buon senso e di tombini, giudicati inutili dal governo in assenza di
precipitazioni. Liberi dagli argini rimossi pochi mesi prima per le nuove
direttive sul paesaggio di Sicherheit (che si sentiva ormai provincia desertica
e stava perciò drasticamente riadattando architetture e infrastrutture)
torrenti e ruscelli si gonfiarono minacciosi. Nel frattempo i dinosauri buttati nello scarico dal deluso
Kobyan avevano raggiunto scala 1 a 1 e ormai saturi erano capaci di bloccare il
regolare e ora quanto mai abbondante flusso idrico sotterraneo. Fu per la
precisione uno stegosauro il responsabile dell’ingorgo fognario che ebbe luogo
appena trenta metri sotto all’ingorgo autostradale dedicato alla bella e
schietta Sovjana. L’acqua, che tanto merita aveva avuto nel gonfiare lo
stegosauro rosa, ora veniva impedita nel suo regolare flusso e tornava quindi
impetuosa da dove era venuta, ovvero verso l’aeroporto a est e verso la casa di
Kobyan e la periferia della capitale a Ovest.
Fu il flusso orientale quello più catastrofico: l’aeroporto,
già piegato dallo sciopero e dal temporale impietoso, venne attaccato anche dal
basso - lasciandosi invadere dall’acqua e dai liquami respinti dallo
stegosauro. Il Comandante Petrovic, resosi conto di non avere nessuno attorno
da comandare, si lanciò verso la radio col fermo e malaugurato intento di dirottare
il Boeing da Lisbona in avvicinamento sull’adiacente superstrada, riservandosi
di aggiornare poco dopo la polizia stradale per farle bloccare il viadotto per
tempo. Ignaro di chi fosse Sovjana, e così del suo concerto e ingorgo
dedicatole, diede le coordinate per l’atterraggio di emergenza su strada a
Felipe Orteza – mediocre pilota convinto dalla madre hostess a intraprendere la
strada della cloche. Un attimo dopo spedì un telex urgente al comando delle
volanti di Sicherheit, che in stampatello ordinava di bloccare e sgomberare il
tratto d’asfalto interessato in meno di venti minuti. Quindi si sedette, lieto
di aver condiviso con altri le responsabilità circa possibili vittime.
Non un solo veicolo fu allontanato dalla superstrada. Una volante raggiunse la coda del serpentone e si sbracciò con i pochi che aveva a tiro ma gli ultimi della fila, che avrebbero forse potuto trovare salvezza con un’ardita retromarcia, preferirono non rischiare di perdere la priorità acquisita lasciando che angoli ameni del cervello si occupassero di fornire supporto alla loro fermezza – dalla tesi del falso allarme al sacrificio per Sovjana.
Il comandante Petrovic, una volta mandato il telex, decise
che non era più affar suo – e che il suo mestiere era di occuparsi solo di far
atterrare gli aerei negli aeroporti, e non altrove.
Il comando della polizia stradale, in gran parte occupato a inventare grondaie di fortuna e a coprire la nuovissima flotta cabrio nel parcheggio, tentò più o meno incessantemente di richiamare il Petrovic. Quest’ultimo, per non rischiare oltre e per sfuggire ai telefoni della torre di controllo che tentavano di farlo rinsavire, decise di unirsi allo sciopero e si confuse nella folla in agitazione nella hall – che nel frattempo si era trasferita al piano alto reparto riviste internazionali per sfuggire all’acqua che dominava l’ingresso dell’aeroporto.
Il comando della polizia stradale, in gran parte occupato a inventare grondaie di fortuna e a coprire la nuovissima flotta cabrio nel parcheggio, tentò più o meno incessantemente di richiamare il Petrovic. Quest’ultimo, per non rischiare oltre e per sfuggire ai telefoni della torre di controllo che tentavano di farlo rinsavire, decise di unirsi allo sciopero e si confuse nella folla in agitazione nella hall – che nel frattempo si era trasferita al piano alto reparto riviste internazionali per sfuggire all’acqua che dominava l’ingresso dell’aeroporto.
Il bilancio fu durissimo. Morirono tutti e chi non morì lo
fece per testardaggine. Complice l’oscurità, il velivolo scambiò le luci di
posizione delle macchine sempre accese per una pista d’atterraggio ipertrofica.
Solo a poche centinaia di metri dal suolo, Felipe Orteza si accorse che si
trattava di una banale coda, di quelle in cui incappava con la madre all’uscita
dai centri commerciali il sabato pomeriggio, e decise che non era il caso di
fare l’eroe. Tentò quindi un atterraggio regolare, pur su fondo di lamiere non
regolamentare. Sovjana suonò lo stesso, davanti a un palazzetto mezzo vuoto – e
fu l’inizio del suo fisiologico declino.
Il fato, inteso come quel domino di piatti lavati e mal
accatastati che rovina sul servizio di bicchieri nuovi, era un colpevole troppo
evanescente per i titoli dei quotidiani e i pugni stretti dei parenti delle
vittime. Altresì, mettere in discussione la legge che aveva lasciato l’acqua
libera di fare disastri non avrebbe fatto resuscitare alcuno, se non forse la
cerebralità stantia e tardiva dei politici di un tempo. Si cercò quindi un
capro più comodo, concreto, lampante.
Il 16 febbraio del 1998 l’isola di Sicherheit vietò gli
aeroplani. Li bollò come macchine di morte, mostri antichi destinati a cadere
in virtù di un peso comunque superiore a qualsiasi legge fisica nota all’uomo
della strada, aquile di lamiera e malaugurio incapaci di orientarsi con qualche
goccia di pioggia. L’aeroporto fu chiuso e il personale non ebbe più di che
scioperare. Nelle scuole e nei circoli presero piede cineforum dedicati alla
effettivamente vasta produzione di film aerocatastrofici. Con successo
insperato, in pochi mesi l’aereo sembrò a tutti un errore imperdonabile del
progresso – pesante, cieco e assassino.
Ciò detto, la vita commerciale ed economica dell’isola non
poteva fare a meno dei contatti col continente, e anche al più integralista dei
legislatori era chiaro che il traffico navale non sarebbe bastato a salvare la
nazione dall’isolamento.
Fu così che cominciò la vertiginosa ascesa
dell’elicottero sull’isola di Sicherheit.
4 commenti:
...e io che pensavo di leggerlo al lavoro...mi parte il pomeriggio intero!
però potrei inframezzare la lettura con qualche progetto che ho in carico.
comunque, temevo di essere troppo prolissa quando scrivo. Ora SO che non è così ^^
www.robecchie.blogspot.com
...vi leggo stasera che se no mi licenziano!
Sicurezza... che bella parola,parola che nella nostra soiceta` non significa piu' niente.Le ultime certezze che ci erano rimaste si stanno annebbiando.Lentamente,stiamo perdendo la nostra identita`,le nostre tradizioni,la nostra cultura.
Strano leggere in contemporanea V for Vendetta e trovare questo.. ambientati entrambi nel '98. Attuali.
Sicherheit.
Annichilente.
Il fallimento dell'umanità...
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