mercoledì 9 settembre 2015

Cultura Generale in Quindici Scatti

C’è sempre un modo per far meglio una canzone, sempre che il parametro che ti interessa sia quello della massima diffusione. Le case discografiche ragionano giustamente così, dato che sono fatte di bilanci, scrivanie e numeri, ma per una band ogni disco vuol dire prima di tutto un pezzo di vita – ed è a quello che decidi di essere più fedele. Cultura Generale è nato in un seminterrato senza ricircolo d’aria di Milano ed è cresciuto nelle stanze sporche e sincere di uno studio di Berlino. 
Stanze che Gordon Raphael, il produttore che abbiamo scelto dal booklet di un disco degli Strokes, tappezzava di microfoni per poi registrare la singola performance di tutti e tre assieme – senza separazioni o trucchi per poi poterci mettere mano, tanto che molti dei brani sono andati al mastering praticamente intonsi. Lavorando così, ti ricordi che sei quello che sei sempre stato, una rock band in Italia, qualcosa che non si sa dove mettere, un contenuto comodo e rumoroso per gli Spazio Giovani dei comuni e dei partiti, un bastian contrario, quello che i tuoi non ascoltano e i locali non vogliono, un bambino agitato che rovina le feste di paese. 
E così abbiamo deciso di infilare i jack negli amplificatori e riempire di onde seghettate le stanze di un palazzo semiabbandonato da altri signori che venticinque anni fa fallirono insieme al loro progetto di una cultura unica e addomesticata. Per ricordarcelo noi e raccontarlo a chi vuole registrare un disco alla Funkhaus, abbiamo scelto quindici bellissime foto di Chiara Mirelli, l’angelo con la Canon che ci ha seguito fin lassù.

1. Una sinfonia di corridoi


















La Funkhaus è un complesso di edifici affacciato sulla Sprea progettato per ospitare la radio della DDR. Fu operativo dal 1956 e offriva agli oltre tremila dipendenti saune, parrucchieri, mense, gelaterie e persino un ospedale. Nel 1991 per ovvi motivi cessano le trasmissioni, la moltitudine operosa scappa e si cerca di capire come gestire una struttura di queste proporzioni. Oggi è parzialmente occupato da studi di registrazione e laboratori di piccoli artigiani, ma la gran parte è ancora deserta e in uno stato di abbandono assolutamente sublime – perlomeno per chi come me subisce il fascino dello stato di abbandono.


2. Una regia piccola così


















La regia dello Schaltraum, tra gli studi alloggiati al Funkhaus probabilmente il più punk, è una di quelle stanze che ancora ringrazia l’invenzione del grandangolo. Nella sua versione 3D (ovvero in realtà) è infatti una sorta di angusta sala da stiro, con divanetti su cui è difficile addormentarsi e impossibile moltiplicarsi – gli amici in visita è bene stiano sulla porta, sempre che non si siano persi prima di arrivarci.




3. La fabbrica di nuvole


















Lo scenario apocalittico che arreda la parete nord della regia è la Heizkraftwerk Klingenberg, un gigante poco distante dallo studio che distribuisce calore a mezza Berlino e nel frattempo produce nuvole. Dopo due settimane, al tramonto, la si guardava con la riverenza che si dedica alle montagne.




4. La voce dello Schaltraum


















La splendida sala di ripresa dello Schaltraum, una vera e propria voce aggiunta alle canzoni – un riverbero che è rimasto come il ricordo di cosa volesse dire essere lì dentro e non altrove.


5. La toilette è molto in fondo a sinistra


















Le distanze dal vago sapore totalitarista del Funkhaus fanno sì che raggiungere il bagno dallo Schaltraum sia o una gita o un momento di fitness: lo studio mette infatti a disposizione, per accorciare tempi e corridoi, dei monopattini, bizzarri veicoli su cui due ministri su tre sanno stare in equilibrio.


6. Ufficio Intercettazioni


















Un sontuoso tentativo con pareti mobili d’epoca di non far rientrare i piatti di Michi in tutte le tracce durante la presa diretta. Sullo sfondo, le pareti interamente “cablate” da cui, qualche decennio fa, la Stasi ascoltava e monitorava ogni singola parola trasmessa – una sorta di ufficio intercettazioni.


7. Relax ante litteram


















L’area relax dello Schaltraum è fiera paladina di un’epoca in cui la parola “relax” non aveva ancora incontrato fortuna. Il frigorifero come il banjo hanno di certo avuto giorni migliori, i cestini sembrano contraddire le virtù tedesche circa lo smaltimento dei rifiuti e in generale le superfici piane sono occupate da oggetti che nessuno ha veramente il coraggio di spostare. Ciò detto, regalava ogni giorno la bella sensazione di essersi svegliati in casa d’altri dopo una festa.


8. Art Attack


















Per rendere ogni canzone un momento unico e irripetibile, prima dell’esecuzione, un microfono d’ambiente veniva spostato senza calcoli o misurazioni nello stanzone di ripresa, in una sorta di art attack della microfonazione. Nella foto, una delle riprese d’ambiente più ardite – dal centrocampo del calciobalilla.



9. Cotolette da incubo


















Quando il cielo e la tabella di marcia lo permettevano, il pranzo veniva consumato all’inaffondabile Milchbar – unico punto di approvigionamento del Funkhaus tutto, ostile ai vegani, agli anglofili e in generale ai tempi moderni. Tra gli highlight, una cotoletta che meriterebbe una trasmissione su Dmax, l’arredamento “siamo nel 1972 e tutto va bene”, le finestre rivolte al fiume da cui uscire come Dawson quando non riusciva a concludere con Joey.


10. Gordon Primavera-Estate


















Un bellissimo ritratto di spalle di Gordon Raphael, una persona di onestà e coerenza non comune, capace in più di sorprenderci ogni giorno con nuovi outfit meravigliosi in bilico tra glam, punk, cowboy e hippie.


11. Gates of Heaven



















La pittoresca entrata dello Schaltraum coi monopattini per raggiungere il bagno, la carta da parati impregnata di vent'anni di punk berlinese e la pila di bottiglie vuote sullo sfondo equamente divisa tra birre e Club Mate - la bibita locale per chi ha pochi soldi e poca voglia di dormire.


12. Marilyn Plutone


















La parete che chiude l’orizzonte dietro la scrivania dello studio di Gordon, dove abbiamo mixato e aggiunto qualche coro e colore, è ciò che ci è rimasto nel fondo degli occhi durante i mille ascolti dei brani, quando tutta l’attenzione è riservata alle orecchie e le pupille inghiottono immagini senza saperlo. Può darsi che d’ora in poi Marylin Monroe, i Joy Division (in basso dietro il monitor) e il Sistema Solare ci appaiano come concetti indissolubilmente legati tra loro.



13. Cimiteri di lavatrici


















Non abbiamo vissuto abbastanza da assistere al trapasso di una lavatrice, ma siamo più tranquilli ora che sappiamo che dopo di esso riposano in eterno insieme ad altre lavatrici – non in pile generiche e promiscue di elettrodomestici. Questo almeno ci ha insegnato il panorama dello studio di Gordon, un fulgido esempio di paesaggio berlinese oltre la S-Bahn.




14. Un Disco per l’Estate


















La parete sud dello studio di Gordon da cui pescare un vinile per le pause in cui far riposar le orecchie. Riposo in realtà tradito da volumate fuori controllo e da partiture non sempre riposanti: tra gli ascolti oltre i 150 db che ricordo, un concerto della P.F.M. a Toronto,  Zappa, diversi album minori di Iggy Pop e i ventiquattro funambolici minuti di Close To The Edge degli Yes.




15. Il synth preferito da Lino Banfi


















Gordon alle prese con un meraviglioso esemplare di ARP2600, un sintetizzatore di culto che costa come un anno di affitto. L’abbiamo usato per fare rumori qua e là, e Michi ha detto che faceva lo stesso suono del megacalcolatore con cui Lino Banfi è alle prese nell’ultimo episodio di Vieni Avanti Cretino. Siamo andati a controllare e aveva ragione.





martedì 7 luglio 2015

Quattro Estati Povere

Quando l'estate arriva come il corpo non poteva ricordare, quando diventa un fastidio costante, una zanzara furbissima nel buio che vuole vendicarsi di un antico torto, le gite povere diventano necessarie per mantenere il controllo sulle proprie vite. 
Per gita povera si intende in fondo una destinazione vicina che ridia, anche solo per un attimo e a gratis o quasi, le sensazioni delle destinazioni lontane. 
E partendo da Milano può non essere così semplice.
Quando poi le intere ferie a disposizione devono rispettare questo meccanismo, si ha un'estate povera a tutto tondo. 
Dato che negli ultimi quindici anni sono state frequenti, per noi come per molti, è bene aggiornare e condividere i semiparadisi nascosti - almeno quelli che non rischiano comunque di diventare meta di turismo di massa.
Leviamo quindi dal novero località affacciate sul mare, perché i litorali raggiungibili da Milano sono durante l'estate sconsigliabili ai budget bassi e spesso affollati come un supermercato alla vigilia di natale.
Di seguito ecco una piccola rosa di bunker di fine luglio. 
Se avete (e tanto ne avete) dritte simili, per noi o per chi leggerà, aggiungetele in coda e le prossime estati dureranno ogni anno un po' meno per tutti.

Viva la diga

Estate è aver voglia di avere il corpo immerso in un liquido non viscoso. 
Per soddisfarla ho due opzioni a portata di mano MA 
1. nella mia vasca da bagno mi è preclusa per dimensioni la possibilità di immergermi (emergo dalla coscia in giù e dai polmoni in su: praticamente come tuffarsi in una pozzanghera) 
2. la piscina comunale di fianco a casa mia è viscosa. 
La salvezza limitrofe va quindi cercata o in case con la Jacuzzi, generalmente chiuse a chiave, o fuori dalla cerchia delle tangenziali. Caso ma soprattutto Dio vuole che a neanche venti minuti da Milano, un qualche benefattore, probabilmente oberato dal caldo come me, abbia costruito temporibus illis una diga sull'Adda e che questa diga abbia creato una serie di isolette e anse che rendano la balneazione non solo possibile ma anche goduriosa.
Dal parcheggio di un ristorante che nessuno dei balneanti si può permettere, si guada l'Adda fino a raggiungere le isolette e lì ci si accampa, si esulta, ci si rotola e si sguazza ai piedi della diga.
L'acqua è limpida, freschissima e si prodiga persino in idromassaggi naturali alla faccia di quelli con le jacuzzi.

Una incredibile sequela di pro con alcuni superabili contro: 
- il guado va effettuato con prudenza e non dopo grandi pioggie, pena la citazione nelle colonnine regionali di cronaca nera.
- qua e là si fa vivo qualche tafano, sorta di mosca obesa che succhia il sangue ai cavalli ma pure a noialtri.
L'entusiasmo che avrete alla fine della prima giornata di diga vi farà probabilmente lanciare proclami del tipo "oh, l'estate prossima la facciamo qui, altro che isole greche" per i quali verrete scherzati negli undici mesi successivi.

COME ARRIVARE: Prendete la Paullese verso Crema e seguite per Merlino, quindi per Manzano di Merlino fino a imboccare a lato di una rotonda la stradina per il ristorante Lido che affaccia proprio sulla diga.



Resistere nei canyon


Alle spalle del litorale ligure, un dedalo di valli difficili e fredde per otto mesi all'anno spingono le masse a stringersi sulle spiagge come macchine sui traghetti, a incastrare asciugamani e settimane enigmistiche a una ragionevole distanza dal mare. 
Nulla di male, ma se state partendo anche o soprattutto per evitare gli ALTRI, forse è proprio a quelle valli che dovete chiedere asilo. La Valle del Borbera, torrente aspirante fiume, è tra le altre una delle più dolci e ospitali, trascurata dalle folle e dal revival del tipico (qui c'è ancora il tipico primigenio, che alcuni scambiano per brutto) e soprattutto capace di regalare ammolli e panorami spettacolari. 
Il merito va, oltre che alla sobrietà dei borberiani, alle Strette di Pertuso - una gola fluviale che si insinua tra muraglioni di anche 100 metri. 
Basta superare Borghetto di Borbera (neanche un'ora da Milano), parcheggiare lungo la strada e scendere fino al fiume per ritrovare il sorriso. 

La storia narra che questi luoghi furono anche teatro di battaglie della Resistenza e forse avvertirete un certo senso di colpa mentre sguazzate, pensando a loro imbacuccati e decisamente non nel mood di un bagnetto rinfrescante. 
Ma pensate che stavano lottando anche per i vostri bagnetti, più o meno, e quando uscirete dall'acqua, dedicate loro un pensiero prima di addormentarvi sulla ghiaia.  

COME ARRIVARE: si esce a Vignole Borbera sulla Milano Genova, si prosegue fino a Borghetto di Borbera, si comprano lì le cose per il pic-nic e poi si prosegue pochi chilometri fino alle Strette. 






Dalla fornace alle Fornaci

"Saranno dieci metri almeno" fu la prima misurazione, sicuramente generosa, di uno dei tanti tuffi possibili alle Fornaci di Caldé. Per evitare un fastidioso impatto con gli scogli, calcolammo la rincorsa necessaria a descrivere una parabola adeguata al proseguimento delle nostre funzioni vitali. Poi, per confondere i calcoli o forse darci coraggio, fumammo cose non in commercio in questo Paese oggi. Ricordo durante la rincorsa un dialogo velocissimo e pietoso con le mie gambe, responsabilizzate all'ultimo di tutto o quasi, poi un lungo salto nel vuoto - abbastanza lungo da poter scandire qualcosa di molto volgare e liberatorio - e l'impatto con l'acqua violento e rassicurante. 



Neanche dieci minuti più tardi, ragazzi del paese di neanche dodici anni facevano acrobazie, carpiati tripli e addirittura tuffi sincronizzati di gruppo, umiliando le nostre fifonerie di città spacciate per grandi imprese. 
Il tutto si consumava alle Fornaci Di Caldé, un complesso industriale abbandonato di inizio novecento a picco sul Lago Maggiore- e miracolosamente ancora accessibile (almeno fino all'anno scorso). Per un lungo tratto di splendida costa si alternano appunto fornaci, spiaggette che vi accompagnano in una delle acque lacustri più belle di sempre, comodi spiazzi per rave o simili e appunto strutture da cui tuffarsi e dimostrare di essere ancora vivi nonostante Siri. 

COME ARRIVARE: in treno si scende a Caldé e si prosegue a piedi verso il porticciolo. Di fronte al lago si procede verso destra superando un ponte e ci si trova un angolo adatto alle proprie mire.




Le ragioni dello stambecco

La montagna è per molti come i broccoli - sai che fanno bene, ma mal sopporti chi te li sponsorizza col fare del grande saggio. E' forse colpa del suo fan-club quindi se d'estate, specie nei suoi angoli meno in vista, viene snobbata dai grandi flussi migratori interni nonostante offra frescura e visioni paradisiache. 
Un fulgido esempio è il Rifugio Benigni, un'ora e mezzo scarsa di macchina da Milano + due di cammino per ritrovarsi su un attico mozzafiato e dimenticarsi quasi tutto delle proprie misere esistenze urbane. La salita è impegnativa ma ricordo vecchietti trotterellare fino alla cima, quindi è probabile che sia l'ansia da marlboro e non la pendenza il grande nemico. 

Superate malghe, cacche a pallini e canyon, si approda a un piccolo diorama di bellezza, come il plastico di un trenino senza trenino: un laghetto limpido e freddo come un sogno, un rifugio da sette nani ripieno di cibo e materassi, una vista spettacolare che spesso guarda le nuvole dall'alto in basso. 
L'ultima volta che ci sono andato c'era anche uno stambecco sul crinale oltre il rifugio, ma potrebbe essersi mosso. 
Se vi fermate per la notte, prezzi onesti, grandi mangiate, stellate da urlo e grappini per gli urli, piedi in faccia del letto vicino e promesse tradite del tipo "io di solito non russo".




COME ARRIVARE: Nella salita da Cusio ai Pian Dell'Avaro si prende il sentiero 108 in località Baita Sciocc. Per arrivare a Cusio dovete prendere la Val Averara, laterale della Val Brembana che si raggiunge facilmente da Dalmine e Bergamo.