domenica 26 luglio 2009

Catena alimentare delle zanzare.

I gechi mangiano le zanzare.
Le civette mangiano i gechi.
I figli dei cacciatori mangiano le civette.
I serial killer dell’ex-Urss mangiano i figli dei cacciatori.
I cronachisti di Repubblica mangiano i serial killer dell’ex Urss.
I ristoratori col menu scritto a mano quattro tavoli una cosa semplice le cose semplici costano sa com’è mangiano i cronachisti di Repubblica.
I ristoratori in franchising coi pomodori pachino sul comodino mangiano i ristoratori col menu scritto a mano quattro tavoli una cosa semplice le cose semplici costano sa com’è.
I venditori di macchine grosse mangiano i ristoratori in franchising coi pomodori pachino sul comodino.
I transessuali con sito internet mangiano i venditori di macchine grosse.
I venditori di cani molto piccoli mangiano i transessuali con sito internet.
I tabaccai con la pistola e un negozio di animali in perdita due numeri più in là mangiano i venditori di cani molto piccoli.
Le tabaccaie avvolte da leggende metropolitane su passati torbidi nel mondo della prostituzione mangiano i tabaccai con la pistola e un negozio di animali in perdita due numeri più in là.
I videopoker mangiano le tabaccaie avvolte da leggende metropolitane su passati torbidi nel mondo della prostituzione.
I cinesi che rilevano i bar agli italiani e abbassano i prezzi cancellando col pennarello quelli che c’erano prima mangiano i videopoker.
La mafia che non si vede e che neanche si diverte a farsi vedere mangia i cinesi che rilevano i bar agli italiani e abbassano i prezzi cancellando col pennarello quelli che c’erano prima.
La mafia che apre le commissioni antimafia e non le chiude più prima o poi mangerà la mafia che non si vede e che neanche si diverte a farsi vedere.
Le zanzare mangiano me.

martedì 21 luglio 2009

Finanzieri all'Autogrill.

Non esiste l’abuso di potere. Esiste solo il potere.
Finanzieri al bar, finanzieri al cesso – che mi guardano i capelli e fanno capire con gli occhi che non potremo (o potremmo) mai essere amici.
Intanto inservienti, camerieri e giostrai e cassiere che tentano di venderti gratta e vinci col piglio di chi li ha disegnati uno per uno, tutti circondano di attenzioni e di parole complici le guardie dell’ordine non impegnate a guardarmi pisciare.
Se non fosse per i moscerini sui denti di quei sorrisi, che rincorrono e cercano di indovinare umori e desideri dei loro protettori, quasi avrei dubitato della mia diffidenza.
Ordine, cioè rancore. Cerco dappertutto smentite.
Ma quando metti un’uniforme, gonfi il petto.
Ieri sera, da una parte 300 civili, dall’altra le uniformi. Le nostre e quelle dei buttafuori, dalla stessa parte. Le nostre dicono rompete le righe, le loro dicono esistono le righe.
Sento il petto gonfio di una guardia alla mia destra, ritta e con la faccia so cosa stai per fare.
Lo stesso sguardo che hanno i bagnini quando credono di capire il mare.

martedì 7 luglio 2009

Letto (quando mi è crollato il).

Quando pregano, dovunque siano, gli acari si volgono verso il mio letto.
Stendono il tappetino e inginocchiati puntano il mio materasso.
Tutto temo nasca dai film dove si salta sul treno in corsa e si finisce a dormire nel vagone del fieno.
Io i treni li andavo a veder passare a Lambrate - e mi sembravano un peccato le stazioni in cui il treno non transita.
Quindi, in breve, non saltavo: guardavo.
Il letto - il mio, rifatto stretto stretto, sempre morbido e profumato per un giudice che non si è mai fatto vedere - era sempre troppo piccolo e non capivo chi o cosa potesse assicurarmi che vi sarei rimasto per tutta la notte sopra.
Oltre al muro, il lettone - che era troppo largo, forse perché mia madre ci ha sempre dormito sopra sola, e forse con la stessa paura di cadere.
La triste conseguenza si chiama una piazza e mezzo.
Il mezzo è avere più spazio e non sapere che farsene. Oppure dire stai qui a dormire e sapere che in ogni momento quel mezzo potrà diventare un non puoi più dormire qui.
Intorno, cumuli di vestiti, cavi, bicchieri, quaderni, portaceneri, mucche mi evitano il casomai impatto col suolo - aka finto parquet posato senza cognizione di posa nell'estate più calda degli ultimi ottanta anni (ovvero la penultima, l'ultima, la prossima).
Un giorno che avevo punture brutte sulle gambe e non identificate, mi dicono di accendere un fuoco sotto al materasso e aspettare che esca tutto quello che ci vive dentro.
Tolgo il coprimaterasso, chiedendomi perché non fanno i materassi già coperti, e sotto una sindone gialla e amorfa mi fa capire che dormire sporca.
Prima si trattava di un Ikea UnglunngdungHankstrom sospeso nell'aria da tralicci di balsa, malamente camuffati di nero con uno smalto primo prezzo Brico.
Stesso materasso, probabilmente stessi acari ma con meno ossigeno, zanzare schiacciate sul soffitto, sotto un terrario per merda di serpente che esalava verso l'alto.
Si capisce perché un giorno scendi dalla scaletta e decidi di non risalire più, e cominci a smontare la balsa svedese (com'è fatto l'albero di balsa?).
E ti ritrovi con un materasso - lo stesso, vivo - dentro a detta di tutti quelli che conosci - per terra, e di nuovo madre-nonni-amici-saggi che (non) ti spiegano perché i materassi non si possono mettere per terra.
Ma io non sento e mi sdraio, ancora e ancora. Fino alla minaccia del fuoco.
Compro un letto - che è il nome che si dà alla distanza del materasso dal suolo - e lo metto sotto e attorno al materasso - sempre più giallo e molle.
Lo copro e lo coloro ma ogni notte è una sfida, ogni notte è polvere e scolopendre invisibili che mi sfiorano e mi tengono sveglio.
Per non sentirle corrermi addosso, cerco di raggiungere il letto sempre più incosciente.