martedì 7 luglio 2009

Letto (quando mi è crollato il).

Quando pregano, dovunque siano, gli acari si volgono verso il mio letto.
Stendono il tappetino e inginocchiati puntano il mio materasso.
Tutto temo nasca dai film dove si salta sul treno in corsa e si finisce a dormire nel vagone del fieno.
Io i treni li andavo a veder passare a Lambrate - e mi sembravano un peccato le stazioni in cui il treno non transita.
Quindi, in breve, non saltavo: guardavo.
Il letto - il mio, rifatto stretto stretto, sempre morbido e profumato per un giudice che non si è mai fatto vedere - era sempre troppo piccolo e non capivo chi o cosa potesse assicurarmi che vi sarei rimasto per tutta la notte sopra.
Oltre al muro, il lettone - che era troppo largo, forse perché mia madre ci ha sempre dormito sopra sola, e forse con la stessa paura di cadere.
La triste conseguenza si chiama una piazza e mezzo.
Il mezzo è avere più spazio e non sapere che farsene. Oppure dire stai qui a dormire e sapere che in ogni momento quel mezzo potrà diventare un non puoi più dormire qui.
Intorno, cumuli di vestiti, cavi, bicchieri, quaderni, portaceneri, mucche mi evitano il casomai impatto col suolo - aka finto parquet posato senza cognizione di posa nell'estate più calda degli ultimi ottanta anni (ovvero la penultima, l'ultima, la prossima).
Un giorno che avevo punture brutte sulle gambe e non identificate, mi dicono di accendere un fuoco sotto al materasso e aspettare che esca tutto quello che ci vive dentro.
Tolgo il coprimaterasso, chiedendomi perché non fanno i materassi già coperti, e sotto una sindone gialla e amorfa mi fa capire che dormire sporca.
Prima si trattava di un Ikea UnglunngdungHankstrom sospeso nell'aria da tralicci di balsa, malamente camuffati di nero con uno smalto primo prezzo Brico.
Stesso materasso, probabilmente stessi acari ma con meno ossigeno, zanzare schiacciate sul soffitto, sotto un terrario per merda di serpente che esalava verso l'alto.
Si capisce perché un giorno scendi dalla scaletta e decidi di non risalire più, e cominci a smontare la balsa svedese (com'è fatto l'albero di balsa?).
E ti ritrovi con un materasso - lo stesso, vivo - dentro a detta di tutti quelli che conosci - per terra, e di nuovo madre-nonni-amici-saggi che (non) ti spiegano perché i materassi non si possono mettere per terra.
Ma io non sento e mi sdraio, ancora e ancora. Fino alla minaccia del fuoco.
Compro un letto - che è il nome che si dà alla distanza del materasso dal suolo - e lo metto sotto e attorno al materasso - sempre più giallo e molle.
Lo copro e lo coloro ma ogni notte è una sfida, ogni notte è polvere e scolopendre invisibili che mi sfiorano e mi tengono sveglio.
Per non sentirle corrermi addosso, cerco di raggiungere il letto sempre più incosciente.

7 commenti:

gigino ha detto...

Ma alla fine l'hai cambiato il materasso?

Federico Dragogna ha detto...

no.

roberta ha detto...

non acari e scolopendre,
non esseri estranei dall'aspetto viscido e strisciante..
gli acari non pregano, non predano.
solo residui organici dei nostri incubi.

Valeria ha detto...

E se un giorno ti svegliassi come Gregor Samsa???

Unknown ha detto...

io ho un letto a 1 piazza che può diventare a 2.. ma la piazza non si è ancora riempita...

Anonimo ha detto...

è per queste cose che.

Rita Nevskij ha detto...

"mettiamo il letto sul pavimento che al mal di schiena ci pensiamo nell'aldilà"