mercoledì 27 ottobre 2010

Fuori.

Le ringhiere, all’improvviso, sono troppo basse.
Sui balconi di tutte le case, vedo come sarebbe facile mettere una gamba oltre e aspettare che il baricentro si sposti avanti – la sensazione di non averlo deciso. Cadere. Scavalcare e cercare di afferrare la grondaia sapendo di non poterci riuscire, cadere con un sorriso malinconico e sentire la fine come un viaggio di ritorno da una vacanza in cui credi di aver capito qualcosa.
E guardare in su come se ci fosse qualcuno affacciato, e dirgli con gli occhi che non ti stai ammazzando, hai semplicemente spostato il tuo baricentro oltre la ringhiera, e ora cadi.
Te lo aspettavi, non incolpi nessuno, nessun grido, nessun bilancio.
Ciò che è non sarà più tra pochissimo. Una sensazione spesso bellissima, specie se si crede l’ultima.
Lo penso anche stasera davanti alla grondaia a cui non potrei mai aggrapparmi. Oltre la ringhiera, le case che si incastrano senza logica sono frustate da una pioggia che pensi qualcosa si sta vendicando.
E’ pioggia che fa rumore e che copre le parole che tanto non ho.
Se fossi là fuori, se nessuno mi facesse entrare, morirei. Prima o poi, ucciso dalla sete o dall’acqua. Perché la natura non ha bisogno di me e io non ho più bisogno di lei.
Se vivo, lo faccio solo perché lo voglio. Sul balcone, mentre lei urla pioggia, resto vivo contro di lei.
Ogni altra argomentazione stonerebbe, suonerebbe presuntuosa, cinica o ottusa: continua a vivere perché c’è dell’altro (di meglio?), continua a vivere perché finora non è stato male (finora), continua a vivere perché il tuo dovere è sostanzialmente questo (ma a chi devo?). Se restassi vivo perché me l’hanno chiesto gli altri o per promesse da pubblicità di un futuro migliore (o, peggio, di un futuro in cui il passato sembrerà migliore), sarebbe quello sì un continuo bilancio – capire se conviene.
Fuori piove che non si può uscire, che non si può stare fuori.
Io ho trovato riparo in una celletta in affitto in un alveare di cemento - quattro piani di scale per sentirmi in salvo.
La pioggia mi vede piccolo e irraggiungibile, mentre guardo la ringhiera e mi accorgo lucidamente che io ho voluto ciò che è stato finora - e che ne voglio ancora.

lunedì 11 ottobre 2010

Dedicato a Tu.

Succede che
domani 12 ottobre esce il nostro nuovo disco (anche se molti già ce l'hanno, alla faccia della data di rilascio).
Alle 18 lo presentiamo alla Fnac davanti a tutti quelli che alle 18 del martedì non hanno un cazzo da fare.
Qualche ora più tardi, ovvero dalle 21.30 circa, smettiamo di presentare e cominciamo a festeggiare al Cox (ugualmente noto come Conchetta).
Succede anche che le mani dei palazzinari e dei De Corato qualunque sono tornate a minacciare il Conchetta uno dei pochi posti liberi e aperti a chiunque abbia bisogno di un tetto, di un libro, di un palco.
Riempire una volta di più quelle mura sarà cosa buona e giusta - e sarà bene essere tanti anche quando cercheranno di nuovo di sgomberarlo.
Tornando a domani, non ci sarà tutto il mondo perché non ci sta - ci basta ci siano tutti quelle e quelle che hanno avuto a che fare con noi nel bene e nel male.
Per motivi che sai meglio TU di noi, rientri in quest'ultimo insieme.
Puoi portare chi vuoi, dato che evidentemente non ci saranno liste né gente molto grossa all'entrata con cui litigare.
Non è necessario che tu sappia come si chiama il disco (Fuori) e non è necessario che tu sappia nemmeno un pezzo ministrico e probabilmente non ne sentirai neanche uno durante la serata (falso).
Ti si chiede solo di essere contento che qualcuno riesca ancora a farli i dischi, che è comunque attività più sana - che so - del recupero crediti.
Riassumendo,
martedì 12 ottobre
al Cox 18, via conchetta 18 Milano
i Ministri festeggiano l'uscita del loro terzo disco e
TU sei invitato/a.

venerdì 8 ottobre 2010

Là ci darem la mano.

Qualcosa finisce qui.
Martedì prossimo esce il nostro terzo album (sempre che viviate in una fetta d'Italia in cui i negozi di dischi non si sono estinti: nel qual caso ordinatelo al minimarket), preceduto da un mese di ansia condivisa insieme a tutti quelli che ci seguono e che spesso ci precedono (vedi pubblicazione dei video su youtube).
Finisce l'attesa - che degli innamoramenti è la parte più bella - e comincia il conoscersi - che è la parte più difficile.
E sul conoscersi e sul conoscerci, nessuno può avere l'ultima parola (noi tanto meno).
Il nuovo album è denso come una cioccolata bevuta a tremila metri, è un tomo che richiederà tempo (per chi ne vorrà avere) per essere assimilato.
Vi farà urlare e saltare sul letto, vi farà impallidire e scandalizzare.
Come molti hanno già capito, le mappe con cui ci si orientava nel mondo ministrico fino ad oggi non servono più a molto.
Nei dodici (più due, ma questa è un'altra storia) nuovi brani non facciamo altro che proseguire il nostro discorso - solo che ci inventiamo le parole.
La voglia di poter dire mi piace non mi piace è forte, un po' come quando a fine primo tempo al cinema incominciavi a pontificare con quello di fianco.
Ora che han tolto l'intervallo, si parlerà e discuterà alla fine - e chissà quando arriverà.
E' dunque il momento di dirsi addio prima di incontrarsi di nuovo (e, per la prima volta dopo anni, suonarvi dei pezzi che non conoscete ancora).
La sera dell'uscita del disco ci sarà di che festeggiare - e noi non ci tireremo indietro: alle 21.30 del 12 ottobre chiunque potrà fare un salto al release party (si accettano espressioni italiane sostitutive) di Fuori.
Non ci sarà biglietto, non ci saranno liste, non ci saranno inviti in carta bollata.
Una festa veramente inclusiva.
Solo una porta aperta da varcare chinati se si è più alti di uno e settantacinque.
A breve altri dettagli.
Adieu.